Questo reo tempo

Il tempo rappresenta la cornice nella quale avviene la nostra esperienza del mondo e si struttura la nostra esistenza. Non è solo quello oggettivo scandito dalle lancette dell’orologio, ma è anche un “tempo psicologico”, soggettivo. Ognuno di noi ha il suo “modo” di viverlo. La nostra mente attribuisce un senso ad ogni nostra esperienza: il lavoro, la famiglia, le relazioni, gli oggetti. Questo è qualcosa che noto sempre nelle persone, sia nel mio studio di Monterotondo che online. Essi, quando mi raccontano la loro storia hanno “il loro tempo”, come i grandi poemi o i grandi romanzi della letteratura, chi inizia in medias res, chi usa prolessi, chi flashback…

Il tempo è qualcosa contro cui ognuno lotta ogni giorno. È lo scorrere inevitabile di istanti, non solo scanditi dal muoversi delle lancette, ma anche da sensazioni che cambiano, da vissuti, da pensieri che scorrono inarrestabili, dalle ricorrenze annuali, oltre che le modifiche della luce durante il giorno, l’alternarsi di giorno e notte e delle stagioni e cambiamenti climatici.

E mentre noi il tempo lo viviamo, lo perdiamo, lo ignoriamo, lo godiamo, lo combattiamo, lui esiste a prescindere da tutto. Mentre il tutto si evolve, cose, persone ed eventi, lui fa da sfondo, sembra vegliare sulle nostre esistenze come un’entità a parte, a volte remando a favore regalandoci occasioni e opportunità, altre volte contro. E seppure sembra questa la sensazione, Seneca diceva che “non abbiamo poco tempo, ne perdiamo molto”.

Passato, presente e futuro. Tu dove vivi?

Possiamo immaginare il nostro tempo come una tela bianca, che ci offre l’opportunità di tracciare una figura che per noi abbia un senso, qualcosa che ci risulti credibile, un disegno che funzioni per ciascuno noi. Questa metafora rimanda alla possibilità di vedere il tempo come qualcosa che siamo in grado di plasmare sulla base delle nostre esigenze, proprio per non avvertire quella sensazione di spreco e di frustrazione. 

In realtà, in base a “dove” si vive nel tempo, si provano delle sensazioni diverse. Vivere nel Passato ed esserne prigioniero, è tipico degli stati malinconici e depressivi, nei quali non v’è alcuna capacità di immaginare il domani e nessuna possibilità di creare e di costruire attivamente il domani. Viene a mancare il senso della vita, e si vive in attesa che il futuro avanzi verso di noi, subendo il tempo. Non ci si dà la possibilità di imparare dalle esperienze di vita presente per attuare un cambiamento. Vivere nel Futuro, invece, significa vivere sul terreno del desiderio e della speranza, ma significa anche vivere di emozioni come l’ansia e l’angoscia, che si sviluppano in relazione all’imprevedibilità del domani. L’intolleranza dell’incertezza, l’incapacità di controllare il futuro e l’imprevedibile: queste alcune caratteristiche principali di chi soffre di attacchi di panico o disturbo d’ansia. L’ansioso, vive nel futuro, perdendo di vista il presente e tutto ciò che contiene.

E chi vive nel Presente? Anche in questo caso, se assolutizzato, non si è radicati nel passato e nemmeno proiettati al futuro, quindi facilmente si prendono iniziative che poi non vengono portate a termine. È un continuo procedere senza origine e senza meta. E’ un agire veloce, che ci fa sentire costantemente di fretta, come se le cose da fare siano sempre troppe e le 24 ore sempre troppo poche. Chi vive in questo modo vuole fare tutto, farlo bene, possibilmente da solo, senza delegare o chiedere aiuto, attuando come stile di vita la frenesia. Le conseguenze? Frustrazione, senso di inadeguatezza, irritabilità, senso di vuoto o ansia nel tempo libero. Non ci si riesce a fermarsi, a stare.

Qual è il tempo “giusto”?

Di nuovo la saggezza di Seneca ci torna d’aiuto: “Estremante breve e travagliata è la vita di coloro che dimenticano il passato, trascurano il presente, temono il futuro: giunti al momento estremo, tardi comprendono di essere stati occupati tanto tempo senza concludere nulla”.

Di fronte a questa ansiosa corsa all’occupazione del tempo la soluzione deve essere rallentare, prendersi delle “vere pause”, attendere, nel suo significato originario di “prendersi cura”. Il passato deve essere reintegrato nella vita attuale, aiutando a riprendere il controllo del presente, rendendolo più armonico e sostenibile, ma soprattutto preparando ad un futuro realistico ed auspicabile. 

Per questo, per concludere, ti dono le parole di una poesia di Elli Michler:

“Non ti auguro un dono qualsiasi,

ti auguro soltanto quello che i più non hanno.

ti auguro tempo, per divertirti e per ridere;

se lo impiegherai bene, potrai ricavarne qualcosa.

Ti auguro tempo, per il tuo fare e il tuo pensare, non

solo per te stesso, ma anche per donarlo agli altri.

ti auguro tempo, non per affrettarti a correre,

ma tempo per essere contento.

Ti auguro tempo, non soltanto per trascorrerlo,

ti auguro tempo perché te ne resti:

tempo per stupirti e tempo per fidarti

e non soltanto per guardarlo sull’orologio.

Ti auguro tempo per toccare le stelle

e tempo per crescere, per maturare.

Ti auguro tempo per sperare nuovamente e per amare.

Non ha più senso rimandare.

Ti auguro tempo per trovare te stesso,

per vivere ogni tuo giorno , ogni tua ora come un dono.

Ti auguro tempo anche per perdonare.

Ti auguro di avere tempo,

tempo per la vita”.

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Buon vento 😉

Federico Piccirilli

Psicologo, Psicoterapeuta

Terapie Brevi

Terapia a Seduta Singola

Ricevo a Monterotondo (RM) e ONLINE