La paura fa 90

Avrai sentito dire molte volte che “la paura fa 90” e questo modo di dire, molto popolare in tutt’Italia, deriva dalla Smorfia (il “libro dei sogni” usato per trarre dai vari sogni i corrispondenti numeri da giocare al lotto) napoletana in cui appunto alla paura è assegnato il numero 90, che per inciso è il più alto nel popolare gioco della Tombola. A volte infatti la paura ci “fa dare proprio i numeri”. 

Sono molte le persone, che seguo sia nel mio studio di Monterotondo sia online, che avvertono un senso di disagio e di irrazionalità dinanzi alle loro paure. Ma cos’è la paura? La paura è un insieme di risposte fisiologiche e psicologiche, che ci mette nella condizione psicofisica di avere due tipi di reazioni (biologicamente determinate) a fronte dello stimolo pauroso: la fuga e il combattimento, oppure c’è un’alternativa. Infatti la terza opzione, attivata in extremis, consiste nel fingere la propria morte, nella speranza che il predatore, ormai vicino, decida disgustato di non mangiare la preda.

Nella giusta dose la paura ci aiuta a stare all’erta, a evitare i pericoli e a imparare dall’esperienza. Quando però la reazione è sproporzionata rispetto all’oggetto o alla situazione cui si è esposti si inizia a parlare di fobia. E di queste fobie ne esistono tantissimi tipi diversi e alcune sembrano veramente irrazionali (anche se c’é sempre un motivo scatenante che innesca il terrore per qualcosa). Qualche esempio? Lumaxofobia: timore delle lumache, CIianofobia: fobia del colore blu, Porphyrofobia: avversione nei confronti del colore rosso, Hipopotomonstrosesquipedaliofobia: è la fobia delle parole lunghe!, Arachibutirofobia: è la paura che un cibo vischioso (come il burro d’arachidi) rimanga attaccato al palato, Consecotaleofobia: è la paura delle bacchette cinesi…

Qual è la differenza tra paura e fobia?

La paura consiste in un insieme di reazioni complesse e molto utili da un punto di vista evolutivo, la cui assenza comporta alti rischi. Riscontriamo infatti nelle cronache quotidiane gli incidenti, insensati e spesso mortali, a cui vanno incontro gli adolescenti, quando il meccanismo naturale della paura va in cortocircuito. Per fobie, invece, si intende un disturbo dell’ansia che implica lo sperimentare una paura intensa per una tipologia di oggetti, animali, persone o situazioni, sia che questi siano effettivamente presenti sia che se ne immagini l’imminente comparsa. Sono state tentate diverse classificazioni delle Fobie, tutte, per un verso o per un altro, incomplete. Le Fobie, infatti, sono tante quante le umane angosce, quelle inventate e quelle ancora da inventare, e sono quindi potenzialmente infinite.

La Fobia porta le persone a evitare la paura: nel tentativo di smettere di sentirsi intimorite dallo stimolo ansioso, cercano di evitarlo, limitando gli impegni di vita, le attività , le abitudini e persino le passioni, sperando che “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”. Naturalmente limite porta limite, e le barriere insormontabili alla fine si moltiplicano. Inizialmente o nell’immediato queste strategie funzionano bene, ma con l’andare del tempo esse si irrigidiscono e divengono disfunzionali.

La tentata soluzione del controllo è così diffusa perché è alla base della cultura e della scienza occidentale, che seguono una logica lineare. Tuttavia la logica lineare con la paura va “fuori controllo”, perché tenta di applicare un controllo logico razionale a fenomeni irrazionali. Per questo, per avere il dominio su alcune parti di noi, quello che andrebbe cercato è un controllo esercitato in maniera elastica, un po’ come bisogna fare con l’acqua che se lasciata defluire è gestibile, diventando travolgente se ostacolata.

Qualche strategia e passa la paura…

Una favola di Esopo racconta che una volpe che non aveva mai visto un leone, quando per caso ne incontrò uno, la prima volta, vedendolo, si sconvolse tanto, che quasi morì. Ed essendosi imbattuta in lui per la seconda volta, si spaventò sì, ma non così come la volta precedente. Ed avendolo visto per la terza volta, fu così spavalda che addirittura avvicinatasi a lui gli rivolse la parola.
Questo racconto dimostra come sia a volte la mancanza di conoscenza a spaventarci, mentre invece, l’abitudine possa “rendere tollerabili anche le cose più spaventose”. Inoltre, poiché queste paure sono irrazionali, richiedono un intervento terapeutico che ne ricalchi la struttura, basato sul provocare cambiamenti dapprima inconsapevoli e, solo successivamente, coscienti.

Ragion per cui sono consigliate le manovre indirette, basate sull’antico stratagemma di “solcare il mare all’insaputa del cielo”, prescritte attraverso un linguaggio ipnotico e suggestivo. Una delle indicazioni maggiormente usate nel trattamento delle fobie, è lo studio del nemico, detta anche avvicinamento progressivo, che consiste nell’esposizione graduale del paziente allo stimolo fobico.

In questi casi, si porta la persona ad avvicinarsi all’oggetto della sua paura fino a quando se la sente, misurando il suo limite, cosa che la farà sentire rassicurata, mentre inizierà a correre dei piccoli rischi. Proprio per la natura del trattamento il fobico ha bisogno di trovare nel terapeuta una guida sicura, una persona competente e capace. Per questo egli non dovrà essere eccessivamente protettivo, ma al contrario impostare una relazione basata sulla direttività, entrando in contatto con le sensazioni del paziente, attraverso domande che gli facciano “sentire” che comprende perfettamente ciò che lui prova.

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Buon vento 😉

Federico Piccirilli

Psicologo, Psicoterapeuta

Terapie Brevi

Terapia a Seduta Singola

Ricevo a Monterotondo (RM) e ONLINE