Bambini, il regalo perfetto? Chiedetelo all’esperto!

Chi non si sta scervellando con i regali alzi la mano. Anzi, anche solo un dito a scelta 😉

C’è chi questa storia dei regali la vive bene, chi la vive male, chi ne fa quasi un lavoro, chi non ci dorme, chi se ne frega, chi si trasforma in artista del riciclo, chi opta per la busta “così ci compri quello che ti pare”.

Bene, ogni sacrosanto Natale si ripete la stessa sacrosanta storia: quest’anno non faccio niente lo giuro, … tranne che … a mia moglie, a mio marito, al mio amore, a mamma, a papà, alla zia se no si offende, ai colleghi, al postino, al capo (azz, me ne stavo dimenticando!), alla maestra di danza di mia figlia, al professore di piano di mio figlio, al custode, al cane, al gatto. Insomma, a chiunque respiri nell’arco di quattro chilometri da casa nostra e graviti entro almeno tre generazioni di parenti.

E così, tirando giù tutti i santi e con la paura che dallo sportello bancomat esca una mano che ci mostra il dito medio, arriviamo a Natale dopo aver impacchettato una montagna di candele profumate, saponette glitterate, guanti e sciarpe che tanto non guastano mai perché si perdono a distanza di una settimana, cestini che sembrano usciti dal paese di Bengodi e con tanta di quella paglia dentro da farci una stalla, e il solenne giuramento: Giuro, è l’ultima volta. Il prossimo anno non faccio più niente a nessuno … tranne che a …

Questo succede ai fortunati – passatemi il termine – che non hanno a che vedere con la categoria umana che rappresenta il più alto grado degli spauracchi natalizi: i bambini!

Sì, perché – e lo sapete bene – mettere qualche cosa sotto l’albero a un ragazzino dai dodici mesi ai dodici anni comporta grossi rischi, ovviamente per la propria incolumità fisica qualora non sia per niente gradito ma soprattutto di responsabilità per il futuro.

Sul tema regalo/bambino si aprono dissidi e saghe all’interno della famiglia stessa, fra madre/padre, genitori/nonni, genitori/zii, nonni/zii, zii/amici, amici/genitori. Quel misterioso pacchetto assume i contorni del cavallo di Troia o del vaso di Pandora.

L’unica cosa certa è che si sbaglia sempre!

  • Ci sono quelli saggi che optano per il regalo utile: il pigiamino, il cappottino, il piumino, il lenzuolino, il completino da piccolo impiegato o da donnina manager. È la categoria che mira a fare la paracula con la madre a costo di giocarsi le simpatie del pupetto che un giorno crescerà, tenendosi l’affronto ben legato al dito, e gliela farà pagare in un modo o nell’altro. Se sei membro di questa specie di setta devota alla razionalità e alla praticità, almeno cerca di non sbizzarrirti con improbabili fantasie, colori e disegnini,

 

  • Ci sono poi i grandiosi, quelli che crepi l’avaria; se un tempo lasciavano lo stipendio in un sistema ferroviario in miniatura o in una villa con giardino per le bambole (che immancabilmente venivano montati in salotto fino a Pasqua), oggi si buttano sul tecnologico e regalano quello che è diventato l’oscuro oggetto della discordia in molte famiglie: lo smartphone! Si presentano con un sorriso a duecentocinquanta denti, lo sguardo da cocker ed esordiscono con la frase: “Lo so che ora mamma si arrabbierà …”. Consiglio: se siete consapevoli che i genitori sono assolutamente contrari a questo tipo di regali, state lontani dalla teglia delle lasagne fumante!

 

  • Alla terza categoria appartengono i nostalgici. La bambola di pezza, il set da piccolo falegname, piccolo meccanico, il telaio da sarta, quello da mago sfigato da night club di periferia. A dimostrazione che sono in effetti ormai specie protetta come i panda, se ne escono sempre con: “spero che non l’abbia già!”. Odiati da madri e figli, le prime perché immediatamente elaborano il problema del “e mo’ sto coso dove lo metto?”, i secondi perché già ci mettono due ore a capire che falegnami e sarte non sono esseri mitologici, poi diventano pericolosi nel momento in cui decidono di afferrare la bacchetta del mago e farvi sparire dalla faccia della terra.

Una sottocategorie è rappresentata dai nostalgici del “genere M-F”: alla bimba il bambolotto con i pannolini da cambiare, al maschietto il mitra, il fucile, la beretta, il cingolato da guerra. E su questo meriterebbe aprire una discussione; anzi, v’invito a commentare perché il vostro sincero contributo in merito sarebbe interessante nonché assai utile.

  • E gli intellettuali? Loro puntano dritti al libro, il regalo itelligente. Anche qui di rito è la frase “spero che non l’abbia già!”, a cui però si aggiunge “ma può sempre cambiarlo!”. Non so per quale antico adattamento del DNA ma i bambini nascono con la capacità di riconoscere la forma di qualsiasi cosa sia avvolta da carta regalo prima ancora di aprirla. La forma del libro, mi spiace rivelarlo anche ai più accaniti sostenitori dello stesso, è una vera e propria mazzata, una doccia fredda quando la temperatura cala sotto lo zero. E ciò non significa affatto che non sono o non diventeranno appassionati lettori. È proprio il genere di regalo in sé che gli fa spegnere il sorriso! “Avanti, ringrazia!” bela la mamma fulminando la creatura con un’occhiata minacciosa, e in quel “grazie” mormorato a denti stretti non è difficile da cogliere un muto invito a fare delle pagine del libro un uso certamente utile e alternativo (alla Totò per chi conosce la frase!)
  • Su tutti però si ergono i convinti assertori del “gioco educativo”. Sapientini, Sapientoni, giochi di logica, puzzle, quiz e strizzacervelli da mettere a dura prova anche Einstein.

 

 

Beh, voglio farvi una rivelazione: non esistono giochi educativi, al limite solo giochi diseducativi. Ciò nasce da un semplicissimo e incontestabile principio: l’azione educativa è implicita nello stesso giocare, che per un bambino è vita.

Non ci credete? Chiedetelo al più grande esperto di gioco del mondo: il gatto!

Chiunque ne ha uno  sa benissimo che quando arriva a casa con una pallina in un sacchetto, il gatto ignorerà la pallina e giocherà con il sacchetto. È legge dell’intelligenza, che parte dalla fantasia.

Il gatto e la scatola! Mettete un gatto in una stanza con cento giochi e una scatola e lui si butterà nella  scatola. Essa sarà tana, nascondiglio, nemico da distruggere, riparo, luogo in cui dormire, complice di agguati. La sua mente viaggerà inarrestabile assieme a quel pezzo di cartone che prende vita.

Ma allora non va bene niente, Federico? Dobbiamo forse mettere in atto un antico proverbio che recita “fai come gli antichi, che mangiavano la buccia e buttavano i fichi”, ovvero regaliamo ai bambini una bella scatola vuota e che si arrangino?

No, affatto!

Regalate quello che più vi aggrada. Potete decidere di rischiare la pelle scegliendo il pigiamino di pile o l’ultimo modello di smartphone ma quello che assolutamente non dovete fare è rivestire il regalo di un qualsiasi significato o preciso quanto oscuro scopo.

Ci lamentiamo spesso sostenendo che i bambini di oggi sono impossibili da accontentare, che nascono già progettati per la tecnologia manco fossero tutti figli di Steve Jobs, che non sanno più giocare con le cose semplici, “come facevo io!” aggiungiamo sistematicamente.

Già, ma sono i nostri figli, non dimentichiamolo, e in quanto tali la stessa incarnazione di ciò che noi trasmettiamo loro.

Che nascano con le dita che sanno scorrere su di una tastiera è al limite un bene, una conquista che deriva dalla straordinaria capacità di recepire e adattarsi che la nostra specie ha acquisito nei millenni. Ciò però non significa che non sappiano apprezzare enormemente la bellezza del gioco che nasce dal nulla.

Quindi, assieme al regalo che sceglierete secondo i vostri gusti e possibilità, regalate loro anche tanti momenti da condividere insieme, le risate facendovi il solletico sul divano, la vostra presenza incrollabile e salda al di là di ogni circostanza della vita (lavoro, problemi, disaccordi), la serietà nell’affrontare le loro piccole ma grandi sfide, come un saggio di danza o una gara di judo, una mezz’ora di una mattina festiva a chiacchierare con voi dentro al lettone.

Regalate loro idee, ma idee buone, che si radichino e durino nel tempo: una pistola in mano è un gioco ma la guerra non lo è per niente, un peluche è tenero ma un cane in carne e ossa è per sempre!

Regalate loro degli spazi aperti e la consapevolezza di quanto siano belli e da tutelare.

Regalate il piacere di stare in mezzo agli altri, sempre e comunque, di comunicare, esprimere, condividere e anche scontrarsi.

Regalate la consapevolezza di possedere la libertà.

Regalategli il suo tempo, che è qui e ora, e smettetela di stressare con “ai miei tempi”.

Regalate infine loro la serenità che hanno diritto ad avere. Non c’è regalo o pacco colorato che possa sostituirla. E se non la possiedi o non riesci a trovarla? Bene, niente paura. Significa che devi innanzitutto lavorare su te stesso, e la psicoterapia può aiutarti. Questo sarà un regalo attraverso il quale fare felici anche e soprattutto loro, i tuoi figli.

Buon vento, e non spendete troppo che tanto non ne vale la pena!

Chiedetelo al gatto!

 

 

Federico Piccirilli

Psicologo, Psicoterapeuta

Terapie Brevi

Terapia a Seduta Singola

Ricevo a Monterotondo, Fonte Nuova e Online

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