42 km di Psiche

Filippide … chi era costui?

Beh, probabilmente uno che con la testa non ci stava proprio tutto verrebbe da pensare se considerato in chiave moderna, una sorta di Forrest Gump dell’antichità; però – perché c’è un però! – tanto di cappello all’egregio signor Filippide, quanto meno perché è da lui che parte l’idea della Maratona così come oggi è concepita. 

Ma cosa fece questo bravo giovanotto del 490 avanti Cristo per meritare tanta fama?

Lui di lavoro faceva l’emerodromo, cioè quello che “corre in un giorno”, o meglio, tutto il giorno.

E perché questo signore passava la giornata a correre?

Perché non aveva WhatsApp e neppure un’email. 

Sì, infatti lui non correva perché si svegliava con una gran voglia di macinare a piedi chilometri su e giù per la Grecia, né allo scopo di raccattare una medaglia, e neppure per buttare giù un po’ di giropanza in vista della prova costume; correre, a quei tempi, era l’unico modo per comunicare in situazioni d’emergenza.

Successe in quei giorni che l’esercito persiano sbarcò a Maratona, ridente località della costa greca così chiamata perché ricca di finocchi (Maratona = campo di finocchi), non certo con l’intenzione di farsi qualche giorno di mare. 

Atene allora spedì Filippide a chiedere aiuto a Sparta, con una borraccia d’acqua e una bella pacca sulla spalla. Piccola precisazione: tu come partiresti se dovessi macinare duecentoquaranta chilometri? Tuta traspirante, scarpe ergonomiche, insomma, leggero e ginnico immagino. Filippide no! Lui era un militare e quindi la corsa se la fece con l’armatura addosso, l’elmo, lo scudo, la lancia e tutti gli orpelli annessi e connessi. Arrivò, non oso pensare in che condizioni, in meno di due giorni, e Sparta cosa rispose?

«Ok, Filippide caro, ma non c’è la luna piena. Torna fra una settimana!».

Proprio così. Tu che avresti fatto? Messaggino “Non contateci: questi stanno fuori come un vaso di gerani. Dicono che con la luna crescente non si possono muovere”, alberghetto, una bella cena, e per il ritorno te la saresti presa con comodo. Filippide no. Mangiò un pugno di cicoria e via all’indietro. Altri duecentoquaranta chilometri sui polpacci e, come ringraziamento, pure un bel po’ di autorevoli musi lunghi. 

Mica è finita! La faccenda qui si complica perché pare che ne manchi un pezzo. Per farla corta, comunque gli ateniesi, che non potevano permettersi di aspettare i comodi degli spartani, attaccarono i persiani a Maratona, il paese dei finocchi, e vinsero. Fino a qui niente di strano perché che fossero dei gran fighi lo sappiamo e la battaglia di Maratona gode di indiscussa fama. Oscuro è invece che cosa ci facesse sul posto il povero Filippide, e soprattutto come ci fosse arrivato, se di corsa o meno. Fatto è che appena deposte le armi, ancora gocciolanti del sangue nemico, gli toccò ripartire gambe in spalla per andare ad annunciare la vittoria ad Atene: quarantadue chilometri in un’altra sola botta attraverso l’Attica.

Una cosa sola riuscì a dire al suo arrivo “Abbiamo vinto (‘tacci vostri!)”, poi, dopo ben cinquecentoventidue chilometri in pochi giorni, stramazzò tirando il calzino.

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Ecco perché oggi la Maratona viene corsa su solo 42 chilometri, quelli necessari per coprire la distanza fra il luogo di battaglia e Atene, in ricordo dell’ultima tirata di quel povero sventurato allo scopo di annunciare la lieta novella. Ed ecco anche perché attribuiamo a essa un particolare significato simbolico. Con essa si chiude ogni Olimpiade e praticamente ogni città del mondo ne ha istituita una annuale che raccoglie consensi e grande partecipazione.

Il termine viene usato anche come “modo di dire”: è stata una maratona, mi aspetta una maratona sul lavoro, e ancora, la maratona letteraria, la maratona matematica, una maratona teatrale, addirittura la maratona del sesso.

Dunque, un percorso lungo, estenuante, che aggrega e che richiede resistenza, costanza, forza fisica e mentale.

Doti tuttavia non così esclusive, anzi, sotto sotto universalmente condivise, magari nascoste da qualche rotolo di ciccetta addominale o mentale ma comunque rispolverabili e resuscitabili.

Basta saper riconoscere e accettare non solo i propri umani limiti ma soprattutto l’obiettivo da raggiungere: insomma, è sufficiente che non ci mettiamo in testa di fare i fenomeni e la maratona diventa accessibile e realizzabile da chiunque. 

  • Abbiamo detto che è lunga: lunga sì, come il percorso della vita, come le ore sul lavoro, a scuola, nell’attesa di qualcosa o qualcuno.
  • È dura: certo, dura come ogni giorno che dobbiamo affrontare. Percorsi accidentati, forma fisica non sempre smagliante, ostacoli, salite e discese scivolose.
  • Estenuante: quante cose lo sono? la routine stessa lo è, il recarsi al lavoro, l’accudire casa e famigliari, superare le avversità, la malattia, sorridere quando non se ne ha voglia, dimenticare. 
  • È aggregante: sì, perché si corre in gruppo, mai in solitaria. Si può scegliere se vedere gli altri come avversari, nell’ottica di una stimolante sfida, o come semplici compagni di percorso, con i quali anche scambiare due parole o la bottiglietta dell’acqua, e con i quali magari anche concederci una sosta sotto a una pianta, su di una panchina.
  • Richiede resistenza e costanza: per questo ci vuole un po’ di esercizio, ma nulla di stratosferico e tantomeno impossibile.  Perché se, come detto prima, non si cerca di fare i fenomeni rischiando l’infarto, prima o dopo si arriva. E scusate se è poco!
  • E poi forza: fisica certamente ma soprattutto psicologica. Mettendo in moto tutti i nostri organi vitali, pure quelli abituati a sonnecchiare fino a diventare catatonici, anche il pensiero si rasserena e impara ad apprezzare l’ossigeno che gli affluisce attraverso il sangue e le idee.

Immaginiamo il nostro cervello come un’immensa distesa di verde, di strade, di città, di natura, libero e fruibile. Ecco la nostra personale maratona della psiche.

S’impara che la si può percorrere anche sulla sedia a rotelle, con il cane a fianco, col bambino sulle spalle, per mano a chi si ama, con l’arzilla vecchietta della porta accanto e con l’atletico giovanotto arrivato dall’altra parte del mondo. S’impara che imponendoci un ritmo costante e una respirazione regolare, la fatica a mano a mano diventa meno pressante, fino quasi a non farsi più sentire e a trasformarsi in piacere. S’impara che la soddisfazione consiste nell’arrivare, e non nell’arrivare primi.

Visto che noi non abbiamo un esercito nemico alle calcagna e neppure dobbiamo annunciare una qualche vittoriosa battaglia, possiamo permetterci il lusso di prendercela con comodo, all’insegna del “sti ca@@i”, o del “ecchisenefrega” per chi non mastica il romanesco.

La vita non è una gara, e tu, salvo le eccezioni con le quali mi scuso e alle quali m’inchino, non sei un atleta professionista. 

Lo so che la maggior parte di voi predilige come sport la sedia a sdraio o il divano del salotto, e che sotto sotto, c’avete la stoffa dei campioni! Sotto al plaid, con pop corn e una birretta, oppure spaparanzati sul telo mare con la focaccia nel borsone, tutti campioni olimpici siamo. Malgrado ciò la maratona della vita sta sempre lì ad attenderci, in agguato, e prima o poi ci tocca alzarci e correrla. 

Allora perché non concederci un po’ di sano e rilassante allenamento, senza troppe pretese?

Cominciamo con una passeggiatina lenta, poi, appena sentiamo che cominciamo a carburare, aumentiamo il ritmo, diamogli una cadenza regolare, godiamoci il progressivo sciogliersi delle giunture e il respiro pieno; buttiamo un pensierino sui benefici estetici e interiori che ne possono derivare; osserviamo il mondo che ci circonda, puntando lo sguardo in avanti, accennando un saluto di lato ai passanti, sorridendo a chi lasciamo indietro o ci sorpassa.

È una maratona che se vuoi puoi fare anche con la sola mente: prefiggendoti un obiettivo e indossando la domanda «Dove voglio andare?»; oppure semplicemente perché, come Forrest Gump, ti viene voglia di correre.

Mens sana in corpore sano, dicevano gli antichi.

Ed ecco che ora ti salirà la curiosità di capire in che cosa consisterà I 42 Km della psiche: la Maratona Esperenziale, che si svolgerà nei giorni 22 e 23 giugno.

Ci sarà un obiettivo da raggiungere: rendere la propria vita un Capolavoro.

Allora, se ne vuoi sapere di più,

scrivi a 

info@federicopiccirilli.it

Non perdere altro tempo, cambia prospettiva ora😊

Buon vento 😉

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Federico Piccirilli

Psicologo, Psicoterapeuta

Terapie Brevi

Terapia a Seduta Singola

Ricevo a Monterotondo (RM), Fonte Nuova (RM) e Online

 

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