Volere è Volare

Mi disse un giorno un attore in crisi:

Perché, Federico, con la mente faccio cose; tante cose, in modo perfetto: canto, ballo, recito … Perché poi invece stecco, mi muovo come un pachiderma, dimentico battute intere? È solo per un limite fisico o c’è qualcosa di più?

Beh, è innegabile che madre natura ponga dei punti fermi insormontabili. Possiamo immaginare di volare agitando braccia e gambe nell’aria, ma se provassimo a farlo seriamente, magari buttandoci da una rupe o dalla torre civica di Monterotondo, ci sfracelleremmo. Garantito! Questo non solo perché la tecnica sia errata (e lo è, fidati!), ma perché non siamo strutturati per volare, non abbiamo ossa cave, ali né altri organi adatti a sostenerci e farci spostare come ci pare e piace nell’aria.
Esattamente come una pera matura che casca dall’albero e non può fare nulla per arrestare la caduta.

Se però volessimo nuotare, questo sì, possiamo imparare a farlo anche parecchio bene, anche se l’acqua non è propriamente il nostro ambiente naturale, per cui la domanda del mio amico attore in questo senso assume un concreto significato.

Attitudini, competenze.

Ognuno ne possiede in discreto numero. Da un punto di vista strettamente materiale: mani da pianista, piedi da ballerino, struttura fisica da atleta, elasticità … Anche però sotto un aspetto più “attitudinale”: mente matematica, orecchio assoluto (si chiama così la capacità di individuare e riprodurre qualsiasi nota musicale), abilità innata nel disegno …

Insomma, alcune cose ci vengono naturali, quasi senza sforzo.

“Sei nato per questo”, si dice riscontrando in qualcuno un’innata abilità. Sono proprio le nostre più o meno evidenti attitudini che indirizzano le scelte di vita, magari in sordina, in modo quasi inconsapevole.

E poi ci sono loro: i limiti.

Attenzione però perché da nessuna parte c’è scritto che “limite” si accompagni necessariamente agli aggettivi “insormontabile, insuperabile, inabbattibile, inaggirabile”, neppure nel nostro DNA.

In fondo quelli che definiamo limiti sono assai simili ai confini, barriere mentali tracciate a tavolino a seguito di vittorie e sconfitte, in una sorta di ininterrotta guerra di conquista e interessi che la nostra mente ingaggia con il corpo. Ogni vittoria sposta in avanti il limite, ogni fallimento lo riporta indietro.

Se è vero che non possiamo volare agitando come imbecilli braccia e gambe, altrettanto vero è che con il pensiero riusciamo a farlo. Non solo siamo in grado di muoverci nell’aria come uccelli migratori, lasciarci andare nel vento sorvolando oceani, montagne, città (lo so che hai chiuso gli occhi e lo stai facendo!), magari anche lasciando andare un ricordino sulla testa di chi ci sta proprio lì, sui cosiddetti, ma riusciamo pure a sognare di farlo, e nel sogno l’esperienza diventa talmente reale da risultare appagante, come se fosse stata.

Resta dunque da porci una domanda: qual è la verità?

Chi sono io? Quello che non può volare, oppure quell’entità libera e felice che della gravità se ne fa un baffo?

 

Cosa cambia se riesco comunque a farlo? Perché il volo a occhi chiusi dovrebbe essere meno dignitoso di quello governato da un complesso sistema di organi, arti e tessuti atti al volo?

La mente non li sopporta proprio gli ostacoli. Essi sono fatti di una materia che le è estranea.

L’amico attore ha ragione: con la mente cantiamo, balliamo,corriamo, recitiamo. E lo facciamo benissimo.

Ora, mantenendo ben saldi i piedi a terra, ovvero senza lasciarci andare a fare i fenomeni laddove superare il limite fisico diventerebbe pericoloso, proviamo a capire come possiamo conciliare attitudini oggettive e virtuosismi della mente, in modo da saper sfruttare al meglio ogni nostra potenzialità.

Ogni pianista, per fare un esempio, invidia e sogna quella particolare caratteristica delle mani di riuscire ad abbracciare, per grandezza ed elasticità, un determinato numero di tasti, ovvero di note (perdonate l’ignoranza in materia, ma sinceramente non so come questa cosa venga definita tecnicamente, e scoprirlo navigando in internet non servirebbe al mio scopo). Ora, c’è chi questa dote la possiede di natura, chi poi ha la caratteristiche per riuscire a svilupparla con l’esercizio, ma c’è pure chi neppure se si tira con gli argani le falangi mai la otterrà (fra l’altro, in foto potete ammirare la straordinaria apertura di zampa di Penny, la cagnolina di un bravissimo pianista che questa dote ce l’ha sul serio!).

Siccome però l’abilità e la bravura di un pianista si concretizzano nel risultato eccellente dell’armonia musicale che produce, a noi sinceramente dell’estensione fra la punta del pollice e quella del mignolo non importa un fico secco, tant’è che per apprezzare la musica possiamo benissimo anche chiudere gli occhi.

Il bravo pianista, magari un po’ meno baciato da madre natura, avrà infatti saputo supplire a qualche millimetro di meno con la velocità, con la leggerezza del tocco, con la potenza del movimento.

Sarà la sua mente a dirigere le dita; la potenza del pensiero che si fonde con la tecnica. Così nasce l’arte.

Se invece s’incaponisse a voler vedere la scarsa forbice delle sue falangi sulla tastiera, il risultato sarebbe un fallimento.

Torno ora al mio amico attore, che sotto sotto rappresenta un po’ tutti noi, attori di una vita della quale però troppo spesso ci accontentiamo di essere spettatori, trovando assai comodo posare le chiappe sul velluto rosso della platea. il limite c’è, esiste. È normale che sia così, ma esso diventa ostacolo quando ci fa paura, oppure quando a farci paura è l’incognita di quello che sta al di là qualora riuscissimo a superarlo. In fondo non ci viene chiesto di cantare e ballare benissimo su quel palco che è la nostra quotidianità, ma di farlo con passione, al massimo, stringendo in un abbraccio dall’effetto esplosivo corpo e mente.

È tutto sommato l’essenza di quello che chiamiamo “fascino”, una magia mentale in grado di fare la differenza: il difetto che si trasforma in unicità, il limite che diventa sfida e trampolino di lancio.

Insomma, non dobbiamo lasciarci fermare dai nostri stessi limiti, perché essi o non esistono, o sono superabili, come c’insegna la nostra stessa mente.

“Non possiamo comandare il vento, ma possiamo dirigere le vele”

Lo ha detto Seneca. E allora, adattiamo la vela al vento, agiamo d’intelligenza e di astuzia, attendendo il momento in cui esso soffierà nella direzione che desideriamo. E se ciò non avvenisse? Beh, cambiamo punto di approdo!

Buon vento 😉

Federico Piccirilli

Psicologo, Psicoterapeuta

Terapie Brevi

Terapia a Seduta Singola

Ricevo a Monterotondo (RM), Fonte Nuova (RM) e Online