Vite Stupefacenti

“Colui che farà ricorso a un veleno per pensare, ben presto non potrà più pensare senza veleno”.
Sai di chi è questa citazione? Charles Baudelaire. Uno dei poeti passati alla storia con la definizione di “poeta maledetto”.

I poeti maledetti erano coloro che, per esprimere il loro estro artistico al massimo esponente, facevano uso di sostanze stupefacenti ed alcol. 

Starete pensando: “Come può un atto del genere essere ricordato negli annali storici della letteratura? E’ forse un’ode alla tossicodipendenza?”.

In realtà, come per ogni cosa, non dobbiamo analizzare tanto l’evento per sé, ma leggerlo in una chiave più “sistemica”. Infatti Baudelaire scrive in un secolo molto particolare, un secolo in cui gli uomini si trovavano di fronte ad una crisi valoriale ed individuale.

Questo ci dimostra che la dipendenza, come tanti altri fenomeni, può essere uno specchio, che riflette una situazione più ampia.

Ma partiamo da una domanda: cosa significa la parola “dipendenza”? 

Siamo sempre più abituati a pensare che la dipendenza riguardi una piccola schiera di persone, spesso etichettate come emarginate e deviate. Gli outsiders della società, quelli da tenere alla larga. 

Immagino che se vi chiedessi di pensare alla parola “dipendenza” direste subito parole come ad esempio “droga”.

Ma davvero le dipendenze riguardano solo la droga?

Sicuramente avrete sentito tutti parlare del SerT, è un servizio sociosanitario della ASL, quindi si trova in vari territori, ce n’è uno anche nella mia Monterotondo

La cosa su cui vorrei però soffermarmi è un’altra, ovvero: nel 2014 i vecchi Sert, che risalivano al ’90 si sono trasformati in SerD – servizi pubblici per le dipendenze. 

Questo non fu solo un evento nominalistico, ma fu il simbolo di una trasformazione sociale. Infatti i SerD (Servizi per le Dipendenze) ricomprendono le funzioni e l’organizzazione stabiliti per i vecchi Sert (Servizi per le Tossicodipendenze), ma estendono i loro interventi agli ambiti relativi alle sostanze d’abuso legali ed a quelli delle dipendenze comportamentali. Questo accade in un momento storico importante per la società, in cui cambiano le abitudini e gli stili di vita degli individui.

Cosa significa tutto questo?

Questa transizione istituzionale mostra come il numero di dipendenze è cresciuto considerevolmente, e quindi, l’insieme delle dipendenze abbraccia un numero di richieste maggiore e sempre più variegato.

Pensiamo alla dipendenza dal cellulare, da internet, dallo shopping, dal cibo, dalle “slot-machine”, dal sesso. Si può diventare dipendenti da tutto, persino dal calcio, delle serate in discoteca con gli amici o dai social network. Insomma, pare proprio che ai giorni nostri sia difficile non essere dipendenti da qualcosa. 

Volendo categorizzare le principali forme attualmente rilevate nei contesti clinici, possiamo indicare:

– dipendenza da internet

– dipendenza dai videogiochi (online e offline)

– dipendenza da smartphone

– dipendenza affettiva

– dipendenza dal sesso (incluso quello virtuale mediato dai mezzi digitali)

– dipendenza dal gioco d’azzardo (ludopatia)

– dipendenza da shopping compulsivo

– dipendenza dal lavoro

– dipendenza dalle attività sportive

Perché la nostra società è caratterizzata da così tante forme di dipendenza?

Caretti e La Barbera definiscono il fenomeno delle new addictions, ovvero di queste nuove dipendenze, come:

Espressione di un disagio psichico profondo e di un malessere culturale vasto e pervasivo – e – seppur ogni forma sembra caratterizzarsi per degli aspetti specifici, esse nel loro insieme manifestano un desiderio di fuga e un’incapacità a tollerare il dolore mentale che porta, a volte quasi consapevolmente, a rinunciare all’uso del pensiero e della riflessività a favore di una scarica emozionale iterativa messa in atto con modalità progressivamente più compulsive”.

Nella nostra società siamo sempre meno tolleranti al dolore e cerchiamo sempre più di alienarlo da noi, anestetizzandoci.

Si fa, quindi sempre più uso di tali evasioni, per fuggire dalle trappole quotidiane, dalle difficoltà, dalla paura del giudizio, dai problemi, dall’ansia, dalla realtà, che ci costruiamo giorno dopo giorno…

Perché in fondo ogni giorno si costruiscono realtà, che a volte sembrano gabbie, e costruendo la propria gabbia ognuno impara ad amarla.

Infatti il paradosso delle dipendenze è che per fuggire da una gabbia si finisce intrappolati in un’altra gabbia, magari che all’apparenza sembra più dorata e lucente, ma pur sempre una gabbia. 

Quindi appare chiaro che la fuga dalla propria realtà, percepita come spiacevole e/o vuota, è uno dei fattori particolarmente evidenti nelle persone che si presentano a noi psicologi. 

Ciò rappresenta un disagio, che l’individuo cerca di affrontare, in modo più o meno consapevole, attraverso dei comportamenti di “auto-cura”, ma che diventano trappole dalle quali difficilmente riesce a liberarsi da solo.

Cosa deve fare chi pensa di avere una dipendenza?

Proprio in virtù della difficoltà crescente che una dipendenza tende a produrre, è opportuno rivolgersi ad uno specialista, che possa eseguire una corretta valutazione del caso e proporre un intervento di supporto competente.

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 Buon vento 😉

Federico Piccirilli

Psicologo, Psicoterapeuta

Terapie Brevi

Terapia a Seduta Singola

Ricevo a Monterotondo (RM) e ONLINE