Non siamo mai realmente conviventi né realmente soli

Non siamo mai realmente conviventi né realmente soli. Questa è la verità, e per la prima volta ce ne stiamo accorgendo.
La convivenza, quella a cui diamo il nome di famiglia, alla quale ci abituiamo sin dai primi giorni della nostra vita, in realtà non è propriamente tale, ma si frammenta in tante singole esigenze, azioni, e incastra tanti ritmi individuali. Il lavoro e la scuola innanzitutto, che comportano il primo e più consistente allentarsi dal guscio, poi i momenti di svago, i rapporti affettivi esterni, la socialità. Insomma, il normale svolgersi della vita in famiglia passa da tutta una serie di separazioni e intromissioni esterne:

 

 

“Stasera arrivo tardi dal lavoro” “Papà, io esco”

“Mamma, può venire Anna a dormire?”

“Sabato ci hanno invitati i Pincopalli”

“Domani cinema?”

“Dov’è mamma?”

La famiglia non è una bolla ermetica, ma piuttosto una membrana elastica libera, adattabile, per quanto protettiva.
E la solitudine? Neppure di quella abbiamo reale conoscenza. Nessuno di noi è mai veramente solo. Il meccanismo parte dalla medesima origine: lavoro e socialità, quest’ultima inevitabile, sempre e comunque, persino per chi la fugge; e così neppure la bolla della solitudine è ermetica.
Ognuno di noi fa cose, incontra persone, visita luoghi che modificano tanto la solitudine che la convivenza, rendendoci parte di un tutto. Quello che
facciamo, quello che siamo e aspiriamo a essere, hanno come punto di partenza e fine ultimo la socialità, la parte essenziale del tutto.
Una così forte stretta sulle nostre vite, in un raggio tanto ampio da abbracciare il pianeta, è un elemento nuovo anche dal punto di vista psicologico, tanto individuale che sociale, ed è ancora troppo presto per azzardare qualche teorizzazione.

Sono tuttavia sicuro che costituirà un fertile terreno di ricerca introspettiva.

Abbiamo dovuto sigillare, rendere impenetrabile la bolla, e chiuderci dentro. Se però siamo soli, essa ci sembra troppo larga, dispersiva, immensa al punto di perdercisi, se in compagnia, ci sta stretta, troppo stretta, e non possiamo neppure sgomitare per farci largo altrimenti violiamo la distanza di sicurezza.
Si perde anche un po’ la cognizione del tempo. È vero?


Che giorno è oggi? Sabato? Sì, è sabato, ma non ha molto di diverso da ieri, o da martedì, da domani o da giovedì prossimo. Quanti di voi non avevano realizzato fino in fondo che oggi è sabato?
Il nostro attuale gancio con il resto del mondo è il web, la rete, che ci mantiene uniti pur nell’isolamento.

Usiamola anche per sentirci vicini, empatici e collaborativi.
Avete voglia di raccontarmi i vostri consueti sabati e rapportarli a quelli di adesso?
C’è chi di solito va a lavorare, chi invece è libero e si dedica a uno svago che ama, chi ne approfitta per pulire la casa, o aiutare i figli, fare la spesa, fare una lunga passeggiata con il cane. Chi deve alzarsi alla solita ora, o magari anche prima, e chi invece resta un po’ di più sotto le lenzuola. Ci sono poi gli studenti e i pendolari settimanali, che ficcano quattro panni in valigia e tornano a casa per qualche ora.
Ora invece cosa state facendo?
Avete momenti di particolare nervosismo, oppure di inedia? Riuscite a dare intensità alle vostre giornate?
Ne usciremo! Questo è certo. Il punto è come ne usciremo.
L’obiettivo, uscirne intatti. La sfida, uscirne meglio.
È non solo auspicabile, ma possibile.
Come fare? Come non lasciarci travolgere dalla situazione ma dominarla?
Semplicemente approfittandone per lavorare su noi stessi e sull’autocontrollo.
Corpo e mente: mai stati così vicini. Sensazioni: mai state così acute.
Dobbiamo volerci un sacco di bene; dobbiamo arrivare addirittura a coccolarci.
Innanzitutto assegniamoci dei compiti e diamoci dei tempi. È bene che siano i medesimi della nostra consuetudine e quotidianità, perché a essi dovremo, prima o poi (sperando ovviamente nel “prima”) tornare.
Lo so che già lo state facendo, ma ribadirlo non è male, un po’ come la storia del lavarci le mani ripetuta fino all’ossessione persino da Google.
Quindi, sveglia a un orario preciso, esattamente come se dovessimo andare in ufficio, in fabbrica, ad aprire il negozio o a scuola.
Dedichiamo poi al nostro corpo le medesime attenzioni che siamo soliti concedere; anzi, di più.

Del resto abbiamo più tempo; usiamolo.
Fatti la barba con cura;
Truccati con attenzione;
Cura i capelli, mantienili puliti e in ordine.
Vestiti! Questo è importantissimo! L’abito, mai come in questo tempo, fa il monaco!
L’isolamento, anche quando trascorso in famiglia, ci pone come di fronte a uno specchio. La nostra stessa immagine, che di solito si stempera nelle mille sfaccettature della quotidianità, ci viene sbattuta in faccia senza veli né filtri. Ora più che mai dobbiamo dunque piacerci molto.
Non importa se non dobbiamo incontrare nessuno, neppure se non usciremo di casa. Abbiamo cura di noi, del nostro aspetto, comunque, e persino di più.
Altro punto fermo: lasciamo stare il frigo! La tentazione è forte, lo so, ma dobbiamo resistere.
Lo so che stai commentando che faccio lo psicologo e non il nutrizionista, ma è proprio in ragione del mio essere psicologo che insisto su questa raccomandazione, perché conosco gli effetti devastanti del combattere con un’immagine di noi stessi che non ci piace.
Ormai il motto che risuona in tutto il mondo è: Restiamo a casa!

Certo che ci restiamo! Pare che siamo pure parecchio bravi a farlo. Siamo bravissimi a sopportare tanto la convivenza che la solitudine, per quanto situazioni del tutto nuove e inaspettate. Proprio noi, il popolo più dinamico e disordinato della terra, quello che non sa fare le file ordinate, che ha un bisogno atavico di toccare, gesticolare, diligentemente resta a casa!
Il fatto è che prima o poi dovremo uscirne di casa. Come mi ha suggerito un’amica, cerchiamo di non arrivare a quel momento grassi e con la ricrescita (aspetto, quest’ultimo, che personalmente non mi preoccupa per niente!).

Ribadiamo dunque l’obiettivo: uscirne migliorati! A qualcuno pare utopico? Forse; resta però il fatto che solo ricominciando da una base solida e stabile riusciremo a risalire fino alla vetta.
Io ci sono, e insieme possiamo lavorare a prepararci al meglio per il futuro.

On line è forse per certi versi persino più semplice rompere il ghiaccio e avvicinarsi alle straordinarie potenzialità della terapia breve.
Oggi mi preme particolarmente ringraziare un grande pittore che ha trasformato in opere d’arte il mondo della mente, René Magritte, al quale ho voluto rendere omaggio inserendo alcune delle sue più significative opere, la cui sola osservazione costituisce una vera e propria palestra per la psiche. Provate ad osservarle, e scrivetemi le sensazioni che vi provocano.
Buon vento.

Federico Piccirilli

Psicologo, Psicoterapeuta

Terapie Brevi

Terapia a Seduta Singola

Ricevo a Monterotondo (RM), Fonte Nuova e Online

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