“…forse ti chiederai come sia possibile che ciò accada.
Non lo so, ma sento che accade.
E ne soffro.”
È la riflessione con cui Catullo conclude una delle sue più famose odi. Un dubbio, al quale neppure lui sa dare risposta, ma solo subirne il tormento.
Ma qual è il fattore scatenante di questo strano e insondabile sentimento? È la più contraddittoria delle condizioni, la più assurda, razionalmente impossibile, l’apoteosi degli opposti: Odio e Amore.
“Odi et Amo”, dice il poeta. Se ne stupisce lui stesso e la chiude così, in pochi versi, conscio della sua assurdità ma lasciando una porta aperta alle nostre riflessioni.
L’amore, ok, va bene, tutti ne facciamo prova e sappiamo come nasce anche se il perché resterà per sempre un mistero.
Ma perché il poeta odia? E soprattutto, come riesce a far coesistere questi sentimenti senza he l’uno scalfisca l’altro?
Se indaghiamo un po’ nella sua vita e in quella dell’oggetto di tanto amore e odio, una risposta forse la troviamo: la molla è la gelosia.
Beh, a essere sinceri il poveretto qualche buon motivo lo aveva sicuramente: Lesbia era infatti una che ai nostri tempi definiremmo quantomeno “sportiva”, e a Roma era certo più facile contare quelli che non ne avevano assaggiato le grazie piuttosto che i suoi amanti.
Sì, diciamola senza peli sulla lingua: Catullo era un gran cornuto!
La gelosia è sempre e comunque una gran brutta bestia da domare, ma quello che la trasforma in un sentimento assurdo è quando essa risulta assolutamente infondata.
È proprio così: la stragrande maggioranza delle volte in cui siamo gelosi non abbiamo in realtà alcun motivo per esserlo. È un sentimento che viaggia autonomo, trascinandosi dietro bagagli spesso carichi di nulla ma non per questo meno pesanti. Il nulla ha infatti un peso specifico intollerabile e stressante per la sua stessa inutilità.
Le vere vittime della gelosia sono spesso, troppo spesso, le donne; e sono esse che pagano i prezzi più cari, spesso troppo cari. Le cronache sono piene di drammi della gelosia!
Intendiamoci, non sto dicendo che la gelosia sia un male “al maschile”. Tutt’altro! Si insinua in egual misura nelle menti di uomini e donne, ma quello che rende la parte femminile estremamente più vulnerabile è che spesso, e ripeto troppo spesso, attacca anche le mani e le braccia dei loro compagni. Gelosia che diventa esasperazione, e da lì, violenza. Il passo, purtroppo, è più breve di quanto ci si aspetti.
Del resto lo dice anche la saggezza popolare: “accecato di gelosia”. È il termine giusto. La gelosia causa cecità.
Avete fatto caso che è il medesimo termine che si usa per l’odio e per l’amore? “Accecato dall’odio”, “L’amore cieco”.
Amore, gelosia e odio, tre ciechi che convivono e s’inseguono senza vedersi reciprocamente e facendo il nero intorno, in una spirale di tormento e, scusate se lo ripeto, spesso, troppo spesso, di violenza.
“che cosa hai fatto?”
“dove sei stata?”
“chi hai incontrato?”
Semplici domande, che nascono dall’amore, dalla consapevolezza che intorno esiste un mondo al di là di voi due, dal timore che in esso quell’amore possa naufragare.
“perché ti sei vestita così?” Ora l’amore si tramuta in possesso, e in sospetto.
Forse all’inizio la cosa non ti infastidisce, anzi ti lusinga, la trovi gratificante: gli piaci, ti vede bella e desiderabile. Ti ama da impazzire. Forse è cieco, perché tu non sei così bella da far vacillare tutti gli uomini del creato, ma si sa e lo abbiamo detto, l’amore è cieco e rende ciechi.
Poi arriva quell’ordine, secco: “No! Non esci”, e senti una stretta al cuore, la prima.
Un giorno poi a quell’ordine si aggiunge una parola che taglia come una lama: “No! Non esci. Put***a!”
Ecco, non sono gli altri a guardare te perché sei bella e desiderabile, sei tu il mostro, l’adescatrice, la pu****a, la stronza che vuole tradirlo.
Mentre il cieco amore brancola, ecco piombare sulla scena l’odio, cieco anch’esso, e sordo, ma terribilmente forte …
Quando poi ti guardi allo specchio e osservi quel livido sulla tua guancia, anche tu preferisci non vedere la realtà, e mentre lo sotterri sotto strati di correttore e cipria, ti illudi che quello sia il marchio dell’amore.
Essere bella solo per lui; forse è giusto che sia così … e allora ti nascondi al mondo e indossi il tuo rossetto più acceso solo fra le lenzuola del vostro letto, dove le botte si trasformano in carezze e passione.
Ho voluto scrivere questo articolo, che esula dall’abituale tono e anche in fondo da quello che è il mio interesse professionale, perché desidero che i miei lettori acquistino consapevolezza del fatto che la quasi totalità dei femminicidi parte dall’ossessiva gelosia e dall’incapacità di gestire la propria forza e la volontà.
È una piaga che non accenna a sanarsi, neppure fra i ragazzi, i quali hanno addirittura acquisito un nuovo strumento di folle controllo: il telefono.
Per loro la domanda non è più “dove vai? Con chi ti vedi?”, ma “Con chi chatti? Perché eri on line alle due di notte?” il serraglio diventa ancor più oppressivo. Fra gli adolescenti il “pegno d’amore” è la password per entrare l’uno nel mondo dell’altro, e da lì gestire l’altrui vita, soffocarne gli impulsi, cancellare i presunti pericoli.
Attente! Non permettetelo. Che abbiate sedici, trenta o cinquant’anni, non permettete che accada!
Che vi si chieda di togliervi il rossetto e i tacchi o di fornire la chiave d’accesso al vostro telefono, non permettetelo!
Che vi si apostrofi con “Amore” o con “Puttana”, non permettetelo!
E soprattutto non permettete che quelle mani trasformino le carezze in schiaffi, neppure morali.
Ricordate quella canzone di Vasco? “C’è chi dice NO”, diceva.
Ecco, fatene tesoro. Non abbiate paura di perderlo, perché stando al suo gioco, o meglio alla sua ossessione, perderete voi stesse.
… e se poi avete bisogno di una mano, amica e professionale, io sono qui.
Ricordate infine che Catullo amava Lesbia, e per quanto la sua “sportività” lo inducesse anche a odiarla, non dava botte, ma le scriveva poesie, anche talvolta crude e taglienti ma pur sempre fatte di soffice carta, talmente leggera che il vento le ha portate fino a noi.
E allora, di cuore, buon vento!.
Federico Piccirilli
Psicologo Psicoterapeuta
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
CONSIGLI DI LETTURA:
Grennval A.,(2014), 7° Piano, Hop!
Sasso S.,(2014), Tu mi fai volare. Cadere. Rompere, Nulla Die