Malinconia o MalincoNoi: la percezione delle feste

Il panettone era più grande, il pandoro più soffice, l’albero in salotto luccicava di più; lo stesso salotto era più grande e la tovaglia ricamata a mano, quella delle grandi occasioni, odorava di bucato. Per non parlare della neve … ce n’era tanta allora, sempre.  Ora non nevica più!

 

Alzi la mano chi non lo ha pensato neppure una volta. E’ proprio così, quel vago ricordo dei tempi passati, della tua infanzia o giovinezza, che aleggia sulla quotidianità senza prenderne tuttavia il sopravvento, durante le feste s’impossessa con prepotenza di ogni minimo particolare. Il quadro si delinea con lucidità, provocando anche dolore.

E’ la NOSTALGIA.

I ‘nostalgici’ –tanto per rimanere in tema– dei vecchi tempi del liceo ne comprenderanno subito il significato:

“nòstos = ricordo”

+

“algìa (àlgos) = dolore forte e localizzato (termine medico)”.

Ecco che cos’è la nostalgia: una sofferenza che ci prende in quel punto particolare, non meglio definibile ma localizzato tra il petto, la gola, la pancia, nel dissotterrare il nostro vissuto ormai trascorso. E’ un vissuto che fa parte di ciascuno di noi, che riaffiora e cresce, mitizzato e ingigantito, anche di fronte alla teglia di lasagne che troneggia sulla tavola natalizia della suocera.

Un vero e proprio album dei  ricordi che arriva anche a fare male.

Ed ecco servita sulla nostra tavola delle feste la portata che mette d’accordo tutti, compreso il cugino vegano,  la Nostalgia farcita di ricordi!

 

Di per sé non è un cattivo piatto, forse un po’ troppo elaborato, talvolta pesante ma tuttavia piacevole; il dolore che procura è simile a quello che il tuo stomaco avverte alla terza fetta di panettone col gelato. Un dolore che non è malattia ma solo semplice campanello di allarme: “NON ESAGERARE!”

 L’indigestione di nostalgia si trasforma però in rischio concreto nel momento in cui ad essa segue, a sorpresa, un’altra portata, la MALINCONIA o melanconia che dir ci piaccia!

Per i cultori dell’Accademia della Crusca e per i nostalgici liceali già prima tirati in ballo, nonché per chi ha semplicemente a cuore la comprensione del significato delle parole, anche malinconia è termine derivato dal lessico greco (melankholía), e letteralmente significa … sentite un po’ … “bile nera”,

“mélas = nera + khol= bile”

 

… e qui la faccenda si fa seria!

 

Da P. Citati, “Mostra sulla Malinconia, il vero carcere dell’anima”, essa si distingue attraverso tre gesti caratteristici: il mento sulla mano, il gomito sul ginocchio, lo sguardo assente.

La puoi scorgere nei tuoi commensali, ai quali resta attaccata più della rucola fra i denti.

Certo che l’occasione non ne facilita il riconoscimento:  nel cognato, che ti siede di fronte un po’ alticcio, rischi di scambiarla per un imminente rialzo dei livelli di colesterolo e trigliceridi; nel nonno, ormai insaccato sul divano, ti porta a pensare a un processo di digestione talmente lento e pesante da risultare fatale alla sua età; nella suocera, che porta stampate in fronte le immagini dei felici natali con il suo cucciolotto adorato ai tempi in cui ancora non ti aveva incontrato, la scambi per un chiaro indizio di paresi, regalandoti un buon quarto d’ora di autentica estasi!

 

MA IN TE STESSO?

Sei in grado di riconoscere quando la zattera della nostalgia naufraga nel mare della malinconia?

Oppure tendi a scambiare quel dolore, che da localizzato si fa persistente, in un eccesso della gradazione alcolica dell’ammazzacaffé?

Il palmo si posa sul mento, il gomito sul ginocchio, lo sguardo si fa assente … intorno le voci si affievoliscono in un sottofondo fastidioso quanto l’antifurto in lontananza nel silenzio della notte, le facce perdono i contorni trasformandosi in fantocci ostili … Se solo potessi sparire in una dimensione che è solo tua!

La malinconia diventa così malattia, intima e fisica; quando ristagna si trasforma in rabbia non digerita, e quindi in rancore. E’ dai tempi di Ippocrate che la medicina lo ha capito.

Ti sono chiari i passaggi?

Nostalgia    →   malinconia   →   rabbia   →   rancore   →   sofferenza

 

 

Ricorda, la nostalgia è come lo scivolo della tua infanzia, un gioco divertente e senza fine, solo che al fondo non c’è un prato fiorito ma un baratro. Se ti accorgi che stai per cadere … aggrappati, e risali al contrario, proprio come facevi da bambino.

Un paio di alzate di gomito di troppo, il colesterolo che parte in orbita come lo Sputnik, quel regalo da riciclo che mette alla prova tutto il tuo self control per non ringraziare chi te lo ha rifilato dicendogli dove avrebbe potuto metterlo, i bacetti a guance appena sfiorate e il coro di auguri ipocriti fra ipocriti, rischiano di farti sprofondare in una dimensione di desiderio di isolamento, dove credi di trovare la dolcezza del tempo in cui i panettoni erano più grandi e c’era la neve.

Nel risalire lo scivolo cerca allora dei punti fermi:

  • Passano, le feste passano e avrai un intero anno per ricaricarti e digerire abbuffate e convenevoli
  • Il panettone è sempre grande uguale, sei tu ad essere cresciuto
  • I ricordi vanno giù meglio con un buon digestivo e una risata. Esorcizzali per non farli diventare fantasmi
  • Anche tua suocera tornerà a casa sua, fidati, e verranno i giorni in cui rimpiangerai le sue lasagne
  • Il mento sulla mano, il gomito sul ginocchio e lo sguardo assente non servono a nulla e sono pure un po’ maleducati da vedere
  • Dopo … tornerai al lavoro. Goditi queste maledette feste!

Da ultimo, se proprio pensi di non potercela fare, ricorda che io ci sono!

Se non dovessi trovarmi … probabilmente anch’io sto lottando con i trigliceridi o cercando un luogo idoneo – che non sia quello che entrambi pensiamo – per sistemare il regalo da riciclo di qualche vecchia zia.  Allora scrivimi, ti risponderò.

 

In questo clima pre-festaiolo, stavo per dimenticarmi  il mio motto …

Buon vento …  Buone Feste, e vogliate gradire questo mio virtuale biglietto di auguri!

 

Consigli di lettura:

Geori Gospodinov Fisica della malinconia

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