Lo tengo o lo butto? Nella testa dell’accumulatore seriale

La tazzina rotta, quella del servizio buono, che non tiene neppure con la supercolla, ma prima o poi lo inventeranno l’adesivo magico!
Il nastrino dorato e la carta, quelli del regalino che ti ha fatto il pupo per la festa della mamma, “Tesoro dolce!”;
il biglietto del vostro primo cinema insieme; e poi anche quelle del secondo, perché ci fu il primo bacio, e del terzo, perché avevate litigato, del quarto, del quinto, del ventesimo, perché buttarli sembra quasi di buttare una storia d’amore che non deve avere fine;


il maglioncino fatto a maglia da nonna, su cui i tarli hanno pasteggiato per anni;
la prima pallina del pupetto, le scarpine da danza della pupetta, i calzini bucati a cui ti sei affezionato (come cavolo si fa ad affezionarsi a dei calzini neppure dopo anni di onorata carriera sono riuscito a capirlo!), le mutande della prima volta, la carta delle patatine consumate insieme in quell’occasione, lo scontrino del ristorante, la calamita-ricordo da frigo incollata storta, il biglietto con su scritto con tanto amore “la cena è nel forno, accendilo a 120 gradi e scalda per dieci minuti”.
Ma non è finita.
I tappi delle bottiglie: “possono sempre servire”.
Le ciotoline di plastica della zuppa di fagioli pronta: “hai idea di quante cose ci puoi fare? Sottovaso, contenitore, usa e getta per miscelare i colori, ciotola di fortuna per il cane …”.
I cavi! “Metti che un giorno mi serva proprio questo! Metti che sia l’una di notte, i negozi chiusi, e io decida di usare un frullatore che usa proprio quel cavo lì! Potrei amaramente pentirmene di averlo buttato!”
I vasetti di vetro! I vasetti di vetro, lavati e preferibilmente privati dell’etichetta a costo di consumarvici le unghie, possono SEMPRE servire.
“Questo è quadrato, quest’altro a ogiva, quello è della dimensione giusta! Metti che faccia la marmellata o la passata in casa!”
“Ma tu non sai fare neppure gli spaghetti all’olio e compri persino l’insalata già lavata!”
“Che c’entra! Se un domani mi attacca di fare conserve almeno ho già i vasetti!”


E così, scontrino dopo scontrino, vasetto dopo vasetto, ricordo dopo ricordo, tappo dopo tappo, diventi un accumulatore seriale!
Essenzialmente sono due le categorie di coloro che cascano in questa paranoia, e ho cercato di definirle all’inizio:
gli accumulatori feticisti, ovvero i maniaci del ricordo; gli accumulatori previdenti, in bilico fra lo spirito del risparmio e un fondamentalmente nobile ambientalismo.
Due categorie che però finiscono per confluire in una sola, perché l’accumulo ha un fascino misterioso al quale non riesci a resistere. E così, mentre ficchi nel cassetto la tazzina a cui prima o poi nella vita riattaccherai il manico (e se non ci riuscirai tu sicuramente lo faranno i tuoi nipoti benedicendoti!), perché non metterci pure i tappi? Metti caso che quegli stessi nipoti, dopo aver miracolato la tazzina, decidessero di aprire una bottiglieria e si trovassero a non sapere come sigillare i fiaschi!
Un accumulatore seriale sonnecchia in ciascuno di noi, soltanto che in alcuni è parecchio sveglio e detta legge.
Dalla tazzina + il tappo, finire annegati in un mare di ciarpame il passo è breve, e tutto in discesa.


A un certo punto però ti rendi conto di essere arrivato molto prossimo al fondo; provi a risalire ma è dura scalare una montagna di instabili e scivolosi nastrini arricciati, vasetti di vetro, scontrini illeggibili e calzini col buco.
Come si arriva a tutto ciò?
Beh, sembrerà strano ma il principio di base è quello dell’equità.
Se conservo un bigliettino autografo del mio amore, i cui tratti a biro mi commuovono, perché non farlo con tutti? È la stessa mano a farlo, e quindi farei torto a quella mano a buttarli, anche se le parole sono quelle della lista della spesa.
Se la ciotolina della zuppa di farro precotta può risultare utile in un lontano e incerto domani, perché emarginare quella della peperonata, che peraltro è pure più alta, bella e resistente?
Per l’accumulatore seriale feticista tutto è ricordo, e quindi inviolabile: lo scontrino del cinema che suggella l’amore ma anche il centrino di nonna o la pallina bucata del cane.
Per l’accumulatore previdente, la previdenza di una possibile catastrofe naturale durante la quale tutto potrà risultare utile non è mai troppa. Non sia mai che in uno stato di necessità un paio di vasetti non bastino! Metti caso che ci si trovasse a dover trasformare in marmellata cento quintali di albicocche, come si farebbe a farla stare tutta in due miseri vasetti?


Si inizia con un cassetto; quando è pieno si passa alle scatole; poi viene il problema di dove mettere le scatole. In cantina? No! I ricordi vi ammuffiscono e gli oggetti “utili” rischierebbero di perdere la loro utilità attraverso l’oblio.
Come dunque non cadere in questa spirale mefitica?
Innanzitutto con la consapevolezza, ovvero l’attribuire alle cose il loro reale ruolo, e da questo dedurne il valore.
Il nastrino che avvolge un regalo, per quanto arricciato con amore, resta un nastrino, una lista della spesa, è una lista della spesa, già fatta e consumata da tempo.
Se ti rendi conto di essere un border line dell’accumulo sentimentale, pensa che così facendo svilisci il ricordo stesso, assimilandolo e identificandolo con cose di valore nullo.
Ogni minima cosa ha un contenitore: il dentifricio, le noccioline, la bibita, il surgelato; abbiamo tanti di quei cavi che potremmo trasformare la terra in un immenso gomitolo cosmico.
Stai passeggiando sulla china dell’accumulatore prudente?
Allora renditi conto che le probabilità di fare tonnellate di marmellata o trovare un connettore che richieda proprio quella presa sono paragonabili alle tue possibilità di dividere le acque del Mar Rosso.
Se poi, nella tua mania conservativa, rientra anche un afflato ecologista, ovvero la sana e giusta angoscia di disseminare per il pianeta plastica, metallo e scarti di ogni genere, cerca di comprare di meno cose di difficile smaltimento e usa i contenitori del riciclo. L’ambiente, la tua casa e chi vive con te, te ne saranno grati.
C’è una cosa che accomuna tutti gli accumulatori seriali, ed è l’incapacità a decidersi su come e quando tornare indietro.
La consapevolezza scatta infatti solo quando l’accumulo incomincia a incasinare la vita stessa dell’accumulatore, quando le scatole sbordano da sotto al letto, quando trovare un calzino intero richiede mezz’ora, quando i vasetti lavati cadono sulla testa e trovare quel cavo, proprio quello lì che un giorno sarebbe tornato utile, diventa impossibile; oppure quando per casa cominciano a volare i gabbiani, o ancora quando bussa alla porta un conduttore di Real Time con un contratto da firmare per la trasmissione “Sepolti in casa”.
Sopraggiunge così lo scoramento.
Sì, mettere mano alla torre di babele di ciarpame è faticoso. Ci si sporca (e questo la dovrebbe dire lunga sull’assurdità della mania di conservazione), si suda, non ci si raccapezza più fra il nuovo e il vecchio, fra l’utile e l’inutile, fra il prezioso e il vile. E questo spesso accade quando ci si trova in stato di necessità: un trasloco, oppure ospiti.
E così l’accumulatore seriale finisce per diventare di botto un eliminatore seriale: via tutto, tutto nel sacco nero, anche lo scontrino che valeva da garanzia per il televisore nuovo, che il giorno dopo, ironia della sorte (e ben ti sta!), si rompe!
Sapete che vi dico? Pazienza, meglio così.
L’importante è averlo fatto.
Cosa provi?
Ohhhh, liberazione! Leggerezza! Aria pura! Spazio, pulizia, respiro.

Ti rendi anche conto che l’amore e i sentimenti non ne hanno avuto il minimo danno; sono rimasti intatti e immutati. L’anello di fidanzamento brilla anche dopo aver eliminato il pacchettino e il ricordo del primo film visto insieme permane anche senza il biglietto d’ingresso sgualcito.
E poi realizzi che tutta quella marmellata non la farai mai, e che se i tuoi eredi decideranno di aprire una bottiglieria, beh, si compreranno anche dei tappi puliti.
C’è però un rischio … ora che hai fatto spazio. Vedi scaffali vuoti e immediatamente ti scatta il tarlo: “uno solo, lo giuro”. Un solo vasetto, questo che è proprio bello, una sola carta da regalo, questa che è ancora buona e ha una bella fantasia!
NO! Non cascarci; ricorda che l’infinito parte sempre e comunque da uno. Distogli occhi e mente da quegli scaffali vuoti e puntali sul cassonetto sotto casa.
Non ce la fai? E io che ci sto a fare? Segnati il mio numero e CONSERVALO, nel portafoglio, sul comodino, attaccato a una calamita da frigo. Una cosa utile almeno potrai dire di averla tenuta!
E ora, insieme, diamo aria.
Buon vento, anche se per questa volta sarebbe meglio Buona tromba d’aria!

 

 

 

Federico Piccirilli

Psicologo, Psicoterapeuta

Terapie Brevi

Terapia a Seduta Singola

Ricevo a Monterotondo (RM), Fonte Nuova (RM) e Online

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