Facce da Pagella…analisi semiseria

Tutti gli esseri umani sono uguali, senza distinzioni di sesso, razza, religione, condizione sociale (Art. 3 della Costituzione italiana in sintesi molto libera)

Tutti, tranne la mamma nel giorno di consegna della pagella.

Coloro che appartengono alla mia generazione, ma anche più giovani, hanno impresso un ricordo:

  • c’era quella che la teneva per un angolino con due dita per non sciuparla, preferibilmente aperta, e la sventolava come se dovesse fare asciugare l’inchiostro appena tracciato in vergatino fine da un amanuense medievale;
  • c’era quella che l’arrotolava stretta stretta, fino a farne un cannoncino, tant’è che veniva il dubbio che se la volesse mangiare, o fumare, oppure intendesse giocarci ai pirati con il binocolo;
  • c’era infine quella che la piegava alla meno peggio e la cacciava in borsa assieme ai sacchettini della spesa, le caramelle disperse impanate di tabacco, gli occhiali da sole che non ritrovava da ferragosto.

La prima era la madre del secchione, specie da sempre protetta malgrado non abbia mai rischiato l’estinzione;

la seconda era la genitrice del “tiriamo a campà”, altresì detto “senza infamia e senza lodo”, che nel sei sguazza come un delfino in mare aperto;

l’ultima, tapina, era il prototipo della mamma per la quale vacilla anche il più consolidato degli assiomi, “ogni scarfone è bello a mamma sua”, perché sia pure solo per quel preciso giorno, lo scarafone resta scarafone, senza alcuna materna attrattiva estetica.

Sono stati gli anni d’oro della “mamma con faccia da pagella”, quelli in cui il prezioso documento veniva consegnato direttamente all’interessata a seguito di un colloquio con i docenti.

Scusate se limito l’analisi al genere mamma. Non è sessismo, per carità, ma solo la constatazione che, allora in particolare, vedere un padre ai colloqui per la consegna della pagella era più o meno come assistere all’accoppiamento dei panda: un avvenimento raro e commovente!

Torniamo al fatidico giorno della consegna.

Già dal tempo di permanenza si poteva dedurre la media dei voti:

  • breve e stringato = secchione, “che c’è da dire? Eccellente”, vigorosa stretta di mano e saluti sentiti a casa;
  • lungo e sofferto = situazione critica, rischio rosso, “Siamo sconcertati, dispiaciuti, ma …”, stretta di mano quasi pietosa, semplice e imbarazzato cenno del capo per liquidare, “a mai più rivederci”;
  • medio, di circostanza = “cosa vuole che le dica? Potrebbe fare … di più, ma …”, documento consegnato quasi con una punta malcelata di schifo, o pena, occhi al cielo, “alla prossima, sperando …”.

La prima usciva come levitasse; sollevata da terra quel tanto che le consentiva di sfiorare a malapena il linoleum del corridoio con le scarpette mezzo tacco. “Faccia da mamma” in estasi mistica, stile “la Madonna esiste ed è lì dentro. Io l’ho vista!”. Un cenno di capo alle altre comuni mortali, quasi a scusarsi per il fatto che il genio era toccato a lei.

“Ti aspetto?” diceva gongolando all’amica in evidente imbarazzo, “così ci prendiamo qualcosa”.

La riunione di “mamme da pagella” al bar accanto alla scuola era, se possibile, più teso del momento stesso della consegna.

Colei che aveva avuto in sorte di generare il primo della classe, offriva magnanimamente a tutte le altre da bere, “Faccio io, lasciate stare”, ostentando superiorità e dispensando comprensione, tolleranza e consigli:

“Ma dai! Va bene così. Pensa che pure Marcolino ha un nove, in storia. Non bisogna opprimerli con le nostre apprensioni! E poi ognuno ha i suoi ritmi, le sue attitudini. Troveranno la loro strada … prima o poi. Magari non nello studio, ma in fondo abbiamo sacrosanto bisogno di bravi artigiani, braccia da dedicare all’agricoltura …”

Le “madri delle braccia destinate all’agricoltura” ingoiavano amaro quel tè con i biscottini intrisi nel fiele, trasferendo un po’ di veleno anche nella zuppa della cena, consumata in un’atmosfera da tagliare con il coltello, anche grazie all’inevitabile confronto con il detestato Marcolino.

Nei tempi precedenti invece la situazione era ancora diversa.

Il prezioso documento, in un’epoca in cui l’unica privacy tutelata era quella al gabinetto, veniva consegnato direttamente ai malcapitati allievi in classe, chiamandoli uno a uno. Nel tempo erano stati messi a punto, sino a sfiorare la fantascienza, artifici per mimetizzare i voti: tre trasformati a matita in sei, sei diventati otto, uno in dieci, quattro in quattordici (!), fino a giungere al famoso “buco” nella casellina attribuito a un qualche sconosciuto parassita della carta che da tempo infesta la scuola.

Bene, tutto questo è finito con l’avvento del “Registro elettronico”, ormai pressoché universalmente dilagato.

Non solo esso è stato una iattura per gli allievi, che non possono più godersi neppure una strategica tagliata come avveniva un tempo, zaino in spalla e cuore in gola per il timore di essere beccati da qualche conoscente spione

Tutto on line: voti, interrogazioni, assenze, e pure il “documento di sintesi”, come si chiama ora la pagella.

Un colpo gobbo alla “mamma con faccia da primo della classe”, ridotta a gongolare da sola, godendosi il tè con biscotti davanti a un tablet o al pc, una manna per le altre, liberate dal peso del confronto diretto.

Tutto pulito e lineare, nel pieno rispetto della privacy e della trasparenza.

Anche nella migliore delle innovazioni c’è però l’inghippo; e qual è quello del Registro elettronico?

La matematica, che malgrado a furor di popolo non sia un’opinione, in campo scolastico dovrebbe esserlo.

L’elettronica non ha né animo né sentimenti, e tantomeno capacità di giudizio. Il sistema opera le “medie”, senza sbagliare neppure con i decimali.

6 + 5 + 4 fa 15, che diviso per tre diventa 5. Incontestabile, e soprattutto, insufficiente.

Prova però a fare il conto ribaltando le cifre:

4 + 5 + 6

Il risultato è sempre 15 e la media sempre 5.

Questi voti però ci raccontano due storie diverse:

la prima disegna un crollo, la seconda un’ascesa.

Il Registro elettronico ne tiene conto?

Non so se abbiate avuto occasione di vedere il film Scialla. Nella sua semplicità e leggerezza è un capolavoro di psicologia, tanto giovanile che adulta in riferimento a genitori e professori. Vi consiglio caldamente di guardarlo, per divertirvi ma soprattutto per riflettere.

La capacità di affrontare la vita e crescere di un ragazzo, non è necessariamente connessa al suo successo scolastico ma piuttosto al suo viverla con serenità. La serenità produce frutti, che si trasformano in ascesa, o comunque in soddisfazione e opportunità di vita.

Rivolgendomi dunque alle “mamme con faccia da pagella”, ma anche ai padri che ultimamente paiono essere stati avvistati seppur in sparuti esemplari, e pure agli insegnanti, v’invito a vivere per primi e a far vivere in serenità il percorso scolastico, senza estasi mistiche e senza drammi.

Non voglio cadere nella banalità di elencare i grandi della storia dei quali si raccontano, talvolta mitizzandoli, gli insuccessi scolastici. Ammesso infatti che Einstein, come vuole quella che pare essere in realtà solo una mezza verità, andasse male a scuola, non è per nulla scontato che la formula funzioni al contrario, ovvero che l’andare male a scuola implichi un novello Einstein. Anzi, è piuttosto improbabile.

Preferisco chiedervi di rimanere razionali e obiettivi, e fare un piccolo gioco insieme a me:

chiudete gli occhi e immaginate un deserto di sabbia in cui giacciono un 6 e un 9. Ora pensate che arrivi il vento e li faccia rotolare. Quando si fermerà, riuscirete ancora a distinguere quale fosse in origine il 6 e quale il 9?

Buon vento.

A fine anno devo mettere studenti e studentesse dentro piccole caselle rettangolari con un voto. Per quanto io spinga, non ci stanno.

(un anonimo insegnate, su Twitter)

P.S.

Una nota da uomo, e non da psicologo:

abbiamo riso, scherzato, ma riserviamo un angolo del nostro pensiero a quel ragazzo con la pagella cucita nel taschino, sul fondo del mare. La mano di una mamma ve l’aveva sigillata, come un passaporto per la vita, e scommetto che nell’ immenso orgoglio per il suo ragazzo non ha mai avuto la “faccia da madre del primo della classe” ma solo quella della speranza.

 

Federico Piccirilli

Psicologo, Psicoterapeuta

Terapie Brevi

Terapia a Seduta Singola

Ricevo a Monterotondo (RM), Fonte Nuova (RM) e Online

 

 

 

 

 

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