E quindi uscimmo a riveder le stelle

E quindi uscimmo a riveder le stelle.

È l’ultimo verso della Divina Commedia. Per Dante segna la fine di un viaggio dagli straordinari risvolti poetici, umani e psicologici; al liceo quella del tormento di ben  14.233 versi, di buona metà dei quali non abbiamo capito un accidenti.

Dobbiamo riconoscere tuttavia che, per quanto ostico e a tratti noioso sia il poema, questo semplicissimo e breve verso è di una potenza straordinaria. Addirittura sembra anticipare l’ermetismo di Ungaretti e iniettarvi la speranza. Ecco, se volessimo mettere in poesia il periodo che stiamo vivendo, potremmo sintetizzarlo così:

Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie.

Se poi vogliamo inserirci anche un “chi vuol esser lieto sia, di doman non c’è certezza”, facciamolo, non ci sta per niente male, così come c’azzecca pure il “carpe diem” di Orazio.

Per quanto invece riguarda l’invito a baciarci che ho diramato la scorsa settimana avvalendomi dell’arte poetica di Catullo, beh, resta sempre valido ma per il momento ci conviene soprassedere, rimandandolo a tempi migliori, il più vicini possibile si spera, quando appunto potremo tornare “a riveder le stelle”.

 

Nessuno di noi avrebbe immaginato di vivere una simile situazione. Quando abbiamo visto le immagini della Cina, le strade deserte, la poca gente in mascherina, veloce, a testa bassa, gli operatori con gli scafandri, ne siamo rimasti certo colpiti, ma comunque mantenendo quel senso di distacco tipico della filosofia del “sticazzi, tanto a me non succede”.

E poi, diciamocelo, la Cina ci sembra tanto lontana, per quanto viviamo in un’epoca di viaggi e spostamenti all’ordine del giorno.

No, a noi non succede. Non qui. Saremmo stati pronti a giurarlo.

E invece è successo. Questo ci spiazza.

Persino l’iniziale entusiasmo dei ragazzi e dei bambini alla notizia della chiusura delle scuole, va via via scemando.

Al di là di ogni considerazione sanitaria, sociologica o finanziaria sul virus, sulle sue cause, origini, evoluzioni, sui metodi di contrasto e contenimento, sulle percentuali, sulle problematiche e ripercussioni, tutti argomenti ampiamente esposti a ogni ora del giorno e attraverso ogni canale informativo più o meno ufficiale e talvolta pure più o meno a sproposito, resta il fatto che per la prima volta nella nostra vita, e anche nella storia moderna, siamo segregati in casa! Privati della libertà, come in un film di fantapolitica.

Il punto cardine del nostro sconcerto non è tutto sommato lo “stare a casa”. In fondo la casa è il nostro guscio, il luogo sicuro, la tana. Il problema, del quale abbiamo appena cominciato a renderci conto, è che ci viene a mancare l’intero castello di tutte le piccole certezze quotidiane, quei consueti e  normalissimi gesti dei quali neppure più ci rendiamo conto: la voglia di prendere un gelato, o l’espresso del bar, la passeggiata perché c’è un bel sole, il sedersi su di una panchina per farsi un selfie, quel giubbotto visto in vetrina in saldi che saremmo andati a provare … domani, una pizza con gli amici, il cinema con la fidanzata, la festa di compleanno, il pranzo domenicale dalla suocera (no, quello forse no!).

A questo si aggiungono le grandi mancanze, quelle che percepiamo pesantemente: i distacchi forzati fra fidanzati, … fra amanti! Il non poter visitare un proprio caro all’ospedale, o in una casa di riposo, o semplicemente in un altro paese, un po’ per divieto, un po’ per il timore di mettere a rischio la loro salute.

Parallelamente c’è il disagio generato dalle convivenze forzate.

E ora sommiamo un ulteriore fattore: la noia.

Chiusi in casa, privati di tutto ciò, ci annoiamo.

È da viziati?  No, non lo è. È semplicemente umano.

Famiglie intere tappate in casa, 24 ore su 24; famiglie in cui ciascuno è abituato a una propria vita, a spazi, tempi, di lavoro, di svago, d’intimità.

Adolescenti, adulti, bambini, vecchi … cani, gatti, criceti, tutti a seguire medesi ritmi, a condividere medesimi spazi.

Bagni occupati ininterrottamente, a ritmi forzati, frigoriferi che si aprono a ogni ora, telecomandi contesi, divani che si scoprono troppo piccoli, attrezzi sportivi appesi al chiodo, auto ferme nel parcheggio, o in garage.

Dobbiamo tirare fuori il pentolone da campeggio per fare la pasta.

Cani contesi, che escono quaranta volte al giorno, perché, visto che i loro bisogni corporali sono una delle rare eccezioni ammesse, appena rientrano dalla breve passeggiata salta fuori qualcun altro che li riporta a spasso.

 

 

Computer in ogni stanza, wifi infuocati: il bambino in videolezione con la maestra, il liceale in interrogazione su Skype, l’universitario alle prese con esami, lezioni e persino discussione tesi per via telematica, i genitori alle prese con il telelavoro, con lo smart working.  Gli atleti e gli artisti che trasformano il salotto in un’improvvisata palestra o sala di danza. Chi cerca di lavorare, chi di studiare, chi di non perdere l’allenamento. Impresa non facile, soprattutto in qualche decina di metri quadri e tutti insieme.

Insomma, sarà dura. Soprattutto per quelle famiglie allargate anche alla suocera, alle quali va tutta la mia personale solidarietà non solo come psicologo ma come uomo!

Cosa possiamo fare allora per superare al meglio questo periodo, e magari uscirne anche rafforzati e migliorati nei rapporti familiari e in quelli con il proprio io?

Possiamo riuscirci. Anzi, dobbiamo.

Il mio consiglio, che sperimenterò pure su me stesso, è di stringere i denti, o quello che vi pare, e porci alcuni obiettivi da inserire in due grossi contenitori mentali:

IMPARARE   e  APPROFITTARE PER.

Partiamo dall’IMPARARE:

Questa circostanza di isolamento assume quasi i contorni di una sorta di esperimento sociale con lo scopo di capire quanto ci conosciamo fra membri della famiglia.

  • In fondo quando mai ci è capitato di trovarci faccia a faccia con i nostri figli? Quando lo abbiamo fatto liberi di ogni altra distrazione (intendo una partita di calcio, un saggio di danza, un risultato scolastico …). È quasi come se sparisse tutto attorno e restasse l’essenza, i pensieri, la nudità faccia a faccia.
  • Quando ci è capitato di conoscere tanto intimamente la nostra metà, moglie, marito?
  • Oppure quando ci è capitato di restare veramente soli, se siamo soli ad affrontare questo isolamento forzato?
  • Non sarà facile. Ci irriteremo a vicenda, finiremo per non sopportarci, ma anche per conoscerci meglio e amarci di più; finiremo per capire cosa significa solitudine, e quanto sia estranea e contraria alla natura umana.
  • Impariamo a rispettarci a vicenda, a plasmare le nostre sulle altrui esigenze. Impariamo il dialogo perduto e il silenzio educato, impariamo a parlare, discutere e affrontare i reciproci punti di vista, perché questa volta non c’è una porta da sbatterci alle spalle.
  • Impariamo di nuovo a leggere.
  • Cerchiamo di non dimenticarci di tutto questo quando finirà, quando torneremo a riveder le stelle.
  • Ricordiamoci di quanto ci sono mancate quelle piccole cose, il gelato, la pizza, il cinema, perché non sono per niente piccole cose, ma baci della sorte.
  • Ricordiamoci di quanto ci è mancata l’aria, e cerchiamo allora di non avvelenarla. Lo sapete vero che i valori degli inquinanti sono crollati e ora in tutta Italia si respira un’aria pulita e tersa come se fossimo sulla cima di un monte?

 

E ora, APPROFITTIAMONE PER

Qui la scelta è ampia, materiale e mentale, e spazia dal ripulire la cantina, o la soffitta, al dialogare con noi stessi, passando magari attraverso lo smettere di fumare o di mangiarsi le unghie, comportamenti ora più che mai decisamente poco salutari!

Mettiamola così: sembra quasi che la natura ci stia dicendo che è indispensabile che diamo una frenata ai nostri ritmi, che siamo tutti singoli ugualmente vulnerabili ma altrettanto ugualmente preziosi, e che ogni minimo e individuale gesto si ripercuote sull’intero mondo.

Siamo gocce nel mare, ma come diceva Madre Teresa “il mare è fatto di gocce”.

Se comunque non ce la fate, a sopportare la suocera cristallizzata sul divano, se venite sopraffatti dall’istinto di strozzare vostro figlio adolescente in piena fase “io so’ io e voi non siete un ca@@o”, se non riuscite a controllare ansia, paranoie, se sentite sopraggiungere fobie, oppure semplicemente perché avete voglia di parlare ma in casa tutti stanno facendo altro … potete raggiungermi via Skype o whatsapp video.

Monterotondo è bellissima. Sembra un quadro. Anche le vostre città e paesi lo sono. Uscite sul balcone, a notte fatta, e guardate quante stelle ci sono nel cielo, terso e pulito.

Presto le potremo rivedere insieme, e ci accorgeremo che siamo diventati tutti un po’ più grassi, forse più simpatici, e con case ultrapulite e ordinate.

Buon vento … Andrà tutto bene!

P.S.

Molti si pongono la domanda del perché di una misura tanto restrittiva anche per attività che non coinvolgono la vicinanza con altri, tipo le pratiche sportive individuali.

Il problema in tal caso non si limita al rischio di contagio, ma si amplia a quello di potersi fare eventualmente male. Ogni gamba rotta, ogni incidente stradale, ogni frattura o affanno cardiaco evitabili vanno evitati, per non saturare gli ospedali e pronto soccorso, per non far intervenire ambulanze o guardie mediche o altri soccorritori.

Fate stretching a casa! E pure quello senza esagerare!

 

Federico Piccirilli

Psicologo, Psicoterapeuta

Terapie Brevi

Terapia a Seduta Singola

Ricevo a Monterotondo (RM), Fonte Nuova (RM) e Online (whataspp video, facetime e Skype)

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