Capire i figli

Crescere un figlio al giorno d’oggi sembra più difficile rispetto ad un tempo. E’ questa la percezione che mi riportano molti genitori che si rivolgono a me nel mio studio di Monterotondo oppure online. Molti si domandano se chiedere l’opinione di figli sulle questioni che li riguardano può essere un bene o un male. Ed io mi sento di rispondere: “Dipende”, ma da cosa dipende? Molto dipende non solo dall’argomento in sé, ma anche dalla loro età anagrafica e dal tipo di relazione educativa in cui questo avviene.

Infatti “essere democratici” con i figli non è un male in sé, come anche “essere autorevoli” con i figli non è un male in sé. Questi modelli diventano disfunzionali solo nel momento in cui si cristallizzano. La parola d’ordine, come sempre è soltanto una: flessibilità. La flessibilità tra gli opposti è l’unica garante dell’equilibrio.

Quando i genitori optano per l’assunzione di un modello democratico di educazione, affinché questo modello non si cristallizzi, devono tener conto di una sola cosa: di non trattare, attraverso questa modalità relazionale, i propri figli come adulti in miniatura o come piccoli sovrani a cui non si può dire di no! Ma quindi come si può trovare un metodo equilibrato per relazionarsi con i propri figli?

Né anarchici né piccoli principi

Chiedere l’opinione dei figli può essere particolarmente critico nella prima infanzia. Quando i figli sono molto piccoli, chiedere la loro opinione su molte cose può rivelarsi controproducente. Infatti può accadere che invece di autonomizzarli, si rischia di dar loro un carico troppo grande per l’età che hanno. Un conto è  stimolare un bambino a formulare un pensiero suo su una questione proporzionalmente adatta per la sua età, un conto è dargli dei carichi eccessivi. Ad esempio può essere ponderato chiedere loro cosa sentono o cosa pensano attraverso i personaggi di un disegno. Anzi, in questo modo li si aiutano a comprendere emozioni e motivazioni alla base dei loro comportamenti e degli altri. Ed è un esercizio fondamentale. Ben diverso è invece chiedere la sua opinione su questioni che riguardano la vita adulta…

Un bambino che ascolta (troppo) non è più maturo, è una spugna. A volte i genitori si trovano a dover compiere scelte difficili, come cambiare casa o città, separarsi, decidere se adottare una pratica medica che recherà dolore al bambino e così via. Chiedere l’opinione di figli, specie se piccoli, su questioni come queste è controproducente. Li carica d’ansia.

Ma quando invece parliamo di adolescenti?

Negli ultimi decenni si stanno imponendo atteggiamenti educativi più democratici, più empatici e in molti aspetti più alla pari tra madri e padri. Inoltre i genitori sempre più spesso leggono, si informano, si interrogano. I genitori fanno sempre più questo, perché si accorgono che il mestiere del genitore è difficile, privo di certezze e costellato da mille fatiche e errori. Questi genitori 2.0 consapevoli delle loro criticità, informati sulle recenti teorie evolutive, terrorizzati all’idea di creare un danno futuro ai figli, possono però correre il rischio di ritrovarsi poco saldi nel loro ruolo. Che per quanto moderno, informato e meno stereotipale di un tempo rimane comunque quello del genitore. Ovvero un ruolo “d’autorità”.

Ma allora come si raggiunge la giusta misura?

Per riprendere il concetto di equilibrio tra “democrazia ed autorevolezza genitoriale”, si può fare una sorta di elenco:

1. Non sostituirti a tuo figlio in ogni minima difficoltà, ma rispondi al suo grido silenzioso, che ogni volta, anche se non sembra, dice: “AIUTAMI A FARE DA SOLO!”. Fai fiorire la consapevolezza che può fare da solo, alimentando la sua curiosità e il coraggio di tentare.

2. Coinvolgilo nelle attività quotidiane (rifare il letto, apparecchiare il tavolo, riporre gli oggetti al loro posto, cucinare insieme…), lo aiuterà a responsabilizzarsi e a prendere un suo ruolo all’interno del nucleo famigliare considerando i bisogni di tutti.

3. Non ostacolarlo quando prende un’iniziativa e lascialo libero di provare, sperimentare, offrigli l’opportunità di sbagliare e di autocorreggersi, di affinare così la propria capacità valutativa.

4. Rendilo intimamente consapevole delle sue doti compiacendoti delle sue conquiste.

5. Fagli comprendere che l’errore è una meravigliosa opportunità.

6. Tieni le tue aspettative e aspirazioni lontane, lascialo libero di esprimere sé stesso nell’assoluta convinzione di essere sempre e comunque amato.

7. Bandisci premi e castighi, poiché non portano alla comprensione di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ma creano un burattino non in grado di valutare da sé e che compie azioni con il solo scopo di essere premiato senza trarne nessun godimento.

Siamo noi che dobbiamo concepire nostro figlio come un essere staccato da noi, come una persona integra, che ha diritto di esprimersi, di sperimentarsi, di vivere anche senza di noi. Abbiamo il dovere di mostrargli che è un essere a sè, unico e meraviglioso e che deve vivere secondo il suo sentire, anche se questo lo porterà lontano da noi. Sta a noi liberarlo. Dalla dipendenza, dai sensi di colpa, dalle aspettative. Ogni genitore dovrebbe cercare di far pace con il proprio bambino interiore, dovrebbe perdonarsi e rinascere, rimettersi in gioco perché la vita, per tutti, è una meravigliosa opportunità di sbagliare ed imparare!

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Buon vento 😉

Federico Piccirilli

Psicologo, Psicoterapeuta

Terapie Brevi

Terapia a Seduta Singola

Ricevo a Monterotondo (RM) e ONLINE