Mangia, prega, ama

Hai mai mangiato per tristezza, noia, malessere, ansia o altri stati emotivi? Molte delle persone che seguo nel mio studio di psicologo a Monterotondo ed online dicono di si e gli esperti del comportamento alimentare chiamano ciò “Emotional Eating”, ovvero la tendenza ad utilizzare  il cibo come strategia per fronteggiare eventi stressanti.

D’altronde di fronte a stress ed emozioni negative, causati da problemi personali, lavorativi o relazionali tutti abbiamo bisogno di conforto.  Solo che molte persone ricorrono al mangiare, ma non per soddisfare un bisogno fisiologico, quanto per saziare una voglia di cibo scatenata da segnali emotivi.

E diversamente da ciò che credono, dopo aver mangiato non notano miglioramenti, ma sentono addosso rimpianti e sensi di colpa, che causano loro ancora più disagio. E allora, per placare questo malumore, tornano al cibo di nuovo e così via. Un vero e proprio circolo vizioso. 

Inoltre questa modalità di mangiare si accompagna spesso ad una perdita di controllo e di consapevolezza di cosa o di quanto si stia ingerendo, come una sensazione di mangiare quasi in trance, andando ben oltre il senso di sazietà, dato che l’obiettivo è quello di tornare a sentirsi felici e sereni per mezzo del cibo.

Quando il bisogno di mangiare non viene dal nostro corpo, ma dalla nostra mente

Il nostro cervello ci avverte dicendoci che siamo affamati ma, in realtà, fisicamente non abbiamo bisogno di mangiare. È una sensazione simile a quella che sentiamo quando iniziamo una dieta: ci sembra di essere affamati tutto il giorno, ma, in realtà, desideriamo mangiare solo ciò che non possiamo mangiare.

Infatti in questi casi si attiva la ghiandola pituitaria, che fa sentire il desiderio di mangiare cibi con zuccheri o grassi e non frutta o verdura. Questo dimostra che, in quel momento, usiamo il cibo per stare meglio e non perché abbiamo davvero fame.

Quando questi comportamenti diventano eccessivi e vengono percepiti come “incontrollabili”, quando ci si sente bloccati in una spirale senza fine, quando non si riesce a vedere la possibilità di avere un’alternativa, quando si vuole stare meglio con se stessi e con gli altri, è bene chiede aiuto ad uno psicologo.

Lo psicologo può essere d’aiuto?

Lo psicologo, in questi casi, può essere di grande supporto per imparare a gestire quei sentimenti negativi, in ​​modo da non ricorrere al cibo come un palliativo emotivo.

Infatti, come molte cose nella vita, se respingiamo le emozioni, non accogliendole, esse non faranno altro che peggiorare. È importante imparare a non mangiare le nostre emozioni, ma a viverle, elaborarle e lasciarle andare. E per ridonare al cibo il suo significato piacevole e nutriente.

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Buon vento 😉

Federico Piccirilli

Psicologo, Psicoterapeuta

Terapie Brevi

Terapia a Seduta Singola

Ricevo a Monterotondo (RM) e ONLINE