Genitori (MAI) perfetti

Se è vero che la pratica porta alla specializzazione, fino al raggiungimento della perfezione, se ne deduce che qualunque genitore sia perfetto. Infatti è ciò che da sempre esercitiamo nel mondo, sin dai biblici tempi di Adamo ed Eva, ed è anche l’unica attività che avrà fine solo con la fine del mondo.

Eppure perfetti non lo siamo, e aggiungerei, grazie a Dio!

Probabilmente se lo fossimo questo sarebbe un mondo di automi, perfetti e noiosi; e chi desidera essere un perfetto e noioso automa?

Nessuno, non tuo figlio, non tu, quando sei stato a tua volta figlio.

 

 

 

Forse è perché la perfezione non esiste, i suoi canoni sono mutevoli come il vento. Basti pensare a quante sfaccettature assume e ha assunto nel tempo e negli spazi, talvolta diventando, con l’evoluzione della civiltà, addirittura reato:

 

  • per alcune società, anche molto vicine ai nostri tempi, perfetto è stato ed è quel genitore che sa imporre l’autorità e l’educazione a suon di scudisciate;

 

 

 

  • per altre il genitore perfetto è colui che sceglie un buon matrimonio per la figlia, magari ancora bambina; è successo fino a poco tempo fa e ancora troppo spesso succede in alcune parti del mondo;

 

 

  • di contro, è successo che il genitore perfetto fosse quello che lasciava che i marmocchi allo stato brado, dando libero sfogo alla propria creatività disegnando sui muri del salotto e arrampicandosi sulle tende;

 

 

insomma, il concetto di perfezione è connesso alla società nella quale viviamo e indissolubilmente legato alla costruzione di quel capolavoro che chiamiamo figlio.

Non pensate che siano casi estremi, o tanto lontani, è ed è stata realtà; proprio ieri sera ho assistito a un servizio televisivo che fa riflettere: madri disposte a dilapidare fortune e riempirsi di debiti per organizzare alle proprie figlie cerimonie della Prima Comunione che credono da sogno e caricano di false speranze e che invece sono solo autentici disastri educativi (qui puoi trovare il promo del servizio).

Cercando di essere perfetti, e volendo creare una macchina umana che si inserisca nel tessuto sociale in modo perfetto, si è sempre sbagliato, e quelli che ci appaiono come eccessi o casi limite nascono proprio da questo.

Tutti però sbagliamo, anche nella nostra normalità, spesso solo apparente.

L’errore si genera sempre dalla semplice domanda che tormenta ogni genitore: “che cosa è meglio per mio figlio?”

Quale scuola?

Quale lavoro?

Quale compagno di vita?

Quali prospettive?

 

 

 

Nel tentativo di fornire loro la formula magica, magari attraverso quel nostro bagaglio di esperienze che ammantiamo di fiaba o catastrofe, in realtà spesso cospargiamo il loro cammino di trappole, facendolo diventare un percorso a ostacoli, dove quello più ostico da superare siamo proprio noi!

Se ne genera un circolo vizioso, in cui l’idea di perfezione viene rincorsa come fa un criceto che gira incessantemente nella sua ruota cercando una fine che non esiste:

 

 

tu sei stato figlio e avevi un sogno

i tuoi genitori temevano le incognite di questo sogno

tu non volevi deluderli, o non potevi, e allora hai chiuso il tuo sogno nel cassetto per realizzare il loro

tu ora hai a tua volta un sogno per tuo figlio, che magari è quello che avevi dimenticato nel cassetto

i tuoi sogni non sono però i suoi sogni

lui non vuole deluderti e chiuderà nel cassetto il proprio per cercare di realizzare il tuo.

 

Che cosa avremo ottenuto alla fine? Un cassetto pieno di sogni ammuffiti in eredità giacente.

In questo circuito tanto delicato l’unico vero errore è la “proiezione”:

  • porta i tuoi cromosomi ma non è te;
  • è carne della tua carne, ma non sei tu.

Tu e lui, due individui distinti, due vite distinte, due sfere sociali distinte.

Il tuo passato, quelli che ora vedi come errori che gli vuoi evitare o successi che desideri si ripetano, in realtà non sono nulla, solo fantasmi senza futuro.

Il genitore perfetto non esiste, e nessuno lo vuole.

Ti sei mai chiesto che cosa racconta di te tuo figlio quando parla con gli amici? E lo fa più spesso di quanto immagini, credimi.

Parla dei tuoi difetti, delle tue debolezze, di tutte quelle sfaccettature magari un po’ goffe che ti rendono simpatico, adorabile e unico ai suoi e agli altrui occhi.

Non parla delle tue perfezioni, di quanto lo educhi bene, della strada che gli spiani davanti. Tuo figlio ama le tue fragilità, più di ogni altra cosa di te. Proprio come tu ricordi con amore infinito le fragilità di tuo padre e tua madre.

E allora che fare? Lasciarti andare all’anarchia più totale per renderti amato e simpatico per i tuoi ragazzi? No, non ho detto questo.

Un padre e una madre hanno fra le mani un tesoro che hanno il dovere di custodire e far crescere, ma nessuno è in grado di fornirne la formula. Non si può insegnare perché genitori si diventa, non si studia per esserlo. Tutti parlano di “mestiere”, il “mestiere di genitore”, ma è una definizione odiosa quanto falsa. È piuttosto il più semplice degli istinti, il motore del mondo e se esso è andato avanti fino a ora è certamente perché è stato fatto sempre sbagliando.

  • Hai paura di fallire. È normale.
  • Desideri il meglio per la tua creatura. Anche questo lo è.

Ricorda però una cosa: se hai una bella pianta e vuoi che fiorisca, devi fornirle acqua e cure, senza eccedere per non soffocarla, e lei fiorirà da sé, secondo i suoi ritmi e le sue capacità. Puoi anche forzarne la natura, ma o ne ricaverai un fallimento o quello che otterrai sarà un bonsai, bello, per carità, ma pur sempre una specie di fenomeno da baraccone, un individuo costretto a vivere con la forza una condizione che non gli è naturale.

 

 

 

È dalla serenità che saprai trasmettergli, dalla consapevolezza che ti avrà accanto nelle sue scelte, dalla fiducia che saprai ottenere che lui ricava la forza e la determinazione per mettere un passo davanti all’altro.

 

Le nostre imperfezioni, i nostri errori, sono il nostro più grande patrimonio, e dobbiamo essere loro grati.

Anche i nostri figli hanno il sacrosanto diritto di collezionare errori e coltivare la loro bellissima imperfezione.

 

 

 

… quasi quasi, anche se non sei più un bambino, ti racconto una favola … almeno un pezzetto:

– Sai deporre le uova? – domandò la gallina;
– No… –
– Sai fare la ruota? – domandò il gatto;
– No, non ho mai imparato a farla! –

improvvisamente, un raggio di sole e un alito di brezza entrarono dalla porta, ebbe subito una grande voglia di nuotare e scappò lontano. L’autunno era alle porte, le foglie diventarono rosse poi caddero. Poi arrivò l’inverno, l’acqua gelò e lui non riuscì più a fare nulla.

L’inverno fu lungo e le sue sofferenze molto grandi… ma un giorno le allodole cominciarono a cantare e il sole riscaldò la terra: la primavera era finalmente arrivata! Si accorse che le sue ali battevano con molto più vigore e che erano anche molto robuste per trasportarlo sempre più lontano. Partì dunque per cercare nuovi luoghi e si posò in un prato fiorito. Un salice maestoso bagnava i suoi rami nell’acqua di un lago. Improvvisamente si accorse del suo riflesso sull’acqua: che sorpresa! Che felicità! Non osava crederci.

 

Scommetto che l’hai riconosciuta! È “Il brutto anatroccolo” di Andersen.

Pensa se sua madre lo avesse costretto a sguazzare nello stagno, a essere il figlio dei suoi sogni! Probabilmente si sarebbe sentito un fallimento di anatroccolo.

 

 

 

E allora …

  • se anche tu non sai se accettare il piumaggio grigio di tuo figlio,
  • se pensi che sarebbe meglio diventasse giallo e imparasse a starnazzare nello stagno,
  • se hai paura di lasciarlo volare via alla ricerca del suo mondo, in preda a rigidi inverni,
  • se temi che una volta diventato cigno lo perderai,

chiamami, anch’io ho dei piccoli pennuti che non ho ancora capito bene se saranno anatroccoli o cigni, o magari aquile…

l’importante è che aprano le ali e volino, … e che il vento che li trasporta sia un

… buon vento!

 

 

Dimenticavo l’aforisma conclusivo. Ce ne sono a bizzeffe, sulla perfezione, l’imperfezione, tutti autorevoli e bellissimi, però il mio preferito è quello della cui paternità mi vanto, e che in realtà è un paradosso.

Nota fra l’altro quanto è vero quello che ho scritto: se mi ostinassi a volerlo “aforisma” lo sminuirei; è un “paradosso” e in questo risiede la sua forza ed esercita la sua verità.

L’unico modo per essere genitori perfetti

è rimanere imperfetti.

(Federico Piccirilli)

CONSIGLI DI LETTURA:

Nardone, G.
Aiutare i genitori ad aiutare i figli. Problemi e soluzioni per il ciclo di vita
Selvini Palazzoli, M.
I giochi psicotici nella famiglia

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