Barbie e Ken

Quest’estate il film “Barbie”,diretto da Greta Gerwig,ha sbancato il botteghino. In Italia ha incassato la bellezza di 7.7 milioni di euro in quattro giorni attestandosi come miglior esordio dell’anno. Negli Stati Uniti ha toccato la vertiginosa cifra di 155 milioni di dollari incassati al box office.

E sono stati molti i pazienti, uomini e donne, che durante le sedute, in presenza nel mio studio a Monterotondo o online, hanno citato più volte qualche frase o qualche scena di questo film. Una vera e propria moda, che non ha fatto breccia nel cuore di tutti soltanto perché parla della celeberrima bambola conosciuta in tutto il mondo, ma anche perché questo film è portatore di tanti messaggi potenti ed attuali, che nella nostra società e nei meandri della nostra psiche rimbombano rumorosamente.

Ogni cosa è perfetta a Barbieland o, almeno, lo è stata fino a quando Barbie Stereotipo, interpretata da Margot Robbie, pone ad alta voce una domanda: “Avete mai pensato di morire?”. Una domanda esistenziale che cambia tutto, che porta Barbie a mettere in discussione la sua amabile comfort zone e che la costringe ad entrare nel “mondo reale”. Un viaggio simbolico, che riecheggia il mito della caverna di Platone, nel quale troviamo un uomo che viene liberato dalle sue catene e che può finalmente uscire dalla caverna in cui ha sempre vissuto e nella quale ha imparato a conoscere il mondo solo attraverso delle ombre.

Siamo tutti Barbie e Ken

A Barbieland tutto è perfetto: Barbie non prova vergogna, non è complicata, non ha la cellulite, non preferisce un paio di sandali tedeschi a delle scarpe col tacco, non piange, perché non ha né ansia né paure. Barbie vive in una caverna, una caverna rosa ma pur sempre una caverna. Il mondo reale darà un duro colpo a tutti i suoi preconcetti e metterà in discussione in modo significativo le sue credenze.

A Barbieland non c’è solo Barbie, ma anche Ken, personaggio interpretato dall’attore Ryan Gosling, che però era stato sempre considerato come “un oggetto di Barbie”, un personaggio che non può esistere senza di lei e che si muove sempre sotto la sua ombra. Concetto che si ribalta quando Barbie e Ken arrivano nel mondo reale, dove prendono consapevolezza di una società ben diversa dalla loro e da quella che immaginavano. Tutto cambia: le loro idee, la loro realtà, i loro comportamenti. Nulla è più “rosa e perfetto”.

E la cosa che colpisce è questa. Questo ha fatto breccia nel cuore di tutti. Tutti siamo Barbie e Ken. Perché ad ognuno di noi, almeno una volta nella vita, è capitato di vivere circostanze simili a quelle di cui fanno esperienza i protagonisti del film. Anche noi abbiamo dovuto modificare alcuni comportamenti o pensieri radicati dentro di noi, anche noi siamo entrati in profonde crisi esistenziali, anche noi abbiamo dovuto combattere contro gli stereotipi di perfezione, anche noi lottiamo ogni giorno contro la disparità di genere. Venere e Marte. Maschi contro femmine. Veniamo al mondo con un nome già assegnato alla nascita, mille aspettative su di noi che ci sono e si fanno sentire, anche quando non vengono mai palesate. Quindi perché mai non dovremmo essere un po’ tutti come Barbie e Ken?

Un film manifesto dell’umana imperfezione

Ma quindi di che parla Barbie? Parla di tutto ciò che siamo disposti a vedere. Parla di tutti noi. Parla dell’umana imperfezione.

I peggiori stereotipi sono quelli invisibili, sono quell’etichette che, senza volerlo, ci troviamo appiccicati addosso e non sappiamo come sbarazzarcene. Sono quelle sensazioni pesanti che, almeno per qualche istante, ci fanno desiderare di non essere noi stessi. Ci fanno credere che essere noi stessi sia sbagliato. Non capendo che in realtà stiamo vivendo il condizionamento di uno stereotipo, ma oltre “la plastica” c’è di più. Oltre la scatola, non c’è solo Barbie, non c’è solo Ken, ma ci sono Barbie e Ken.

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Buon vento 😉

Federico Piccirilli

Psicologo, Psicoterapeuta

Terapie Brevi

Terapia a Seduta Singola

Ricevo a Monterotondo (RM) e ONLINE