E vissero tutti felici e contenti

Scusa, …ma perchè non fate un bambino?

Premettendo che la più logica e lecita risposta a quest’intrusione maleducata nella propria vita sarebbe un più o meno cortese invito a farsi i cavoli propri, e magari anche qualche cosa di più, troppo spesso essa si aggrappa invece a un concetto sbagliato e arcaico:

“Perché vogliamo goderci ancora un po’ di tempo per noi!”

Scusa, ma dove sta scritto che debba succedere il contrario?

“Beh, caro Federico, … le vedo sai le mie amiche, che da quando sono diventate mamme non vengono più al cinema, non mettono più piede in pizzeria, e persino le vacanze, … bilocale direttamente sopra alla spiaggia, in compagnia della madre o, peggio, della suocera, e addio bianche e selvagge spiagge esotiche o bagni al chiaro di luna!”

 

E allora, cara lettrice, sai cosa ti rispondo? Che hai ragione, almeno in parte.

È vero, molto spesso l’arrivo di un figlio precipita la famiglia in un mondo che chiude i canali di comunicazione diretta con l’esterno, un mondo inizialmente fatto di pupazzetti e pappette che però, se non si riesce a mettere la parola “fine”, come ogni favola si tinge di colori foschi.

Ora, quello che sto cercando di esprimere non deve essere frainteso: non ho detto che l’arrivo di un figlio sia un incubo, anzi, è l’esatto contrario, ma analizziamo un attimo insieme la struttura di una di quelle favole che tanto piacciono ai nostri pargoli e che ci riportano all’infanzia.

Due sono gli elementi che la separano da quello che potrebbe essere un racconto horror: l’inizio, “C’era una volta …” e la fine, “… e vissero tutti felici e contenti”. Senza di essi, addio mondo fatato!

Non si può, e non si deve, diluire all’infinito quello che è il suo prologo, e il punto finale deve arrivare a stretto giro di vite.

Quando nasce un bambino è naturale che i ritmi cambino, e si plasmino su quelli della nuova vita. Inizialmente salteranno le sedute in palestra con le amiche, o la partita di calcetto, e sì, è vero, sarà difficile pensare di passare le vacanze su di un’isola deserta o fra sfrenati balli notturni. Tuttavia ciò non deve:

  • essere vissuto come un sacrificio
  • provocare disparità all’interno della coppia
  • assorbire completamente i ritmi
  • non avere una rapida e logica fine

 

  • Perché non è un sacrificio?

I figli sono cosa tua, e vostra; non lo sono invece la palestra, il calcetto o il resort sul mare. Tutta la vita si scandisce sulla base di tappe che si plasmano sull’età e le circostanze; così è stato nella tua infanzia, quando ti sembrava irrinunciabile il gioco con gli amici, così è stato nell’adolescenza, quando l’amore ha preso il sopravvento sopra ogni altra cosa, così quando hai trovato un lavoro, e le levatacce hanno preso il posto delle mattine in cui poltrivi tra le coperte, e così sarà in vecchiaia, nel momento in cui anche una camomilla dopo le nove di sera ti sembrerà trasgressiva quanto una nottata in discoteca a suon di shottini. Ora è il momento di essere genitore, goditene le gioie, superane le rogne e assumitene le responsabilità.

  • Perché non deve provocare disparità?

I bambini li fanno materialmente le donne, di qui non si scappa, ed è innegabile che tra madre e figlio ci sia, nelle primissime fasi di vita, un legame spesso misterioso per noi uomini, che un po’ ci affascina e un po’ ci terrorizza. Indubbiamente il pupo si addormenta meglio fra le sue braccia, sicuramente il magico tocco della sua mano gli fa passare il mal di pancia, e quando cade chiama “mamma”. Questo antico mistero non deve però trasformarsi in una comoda scusa per delegare a lei ogni incombenza. Il rischio? Che di figli se ne ritrovi due: il pargolo, e te, che continui a comportarti come un adolescente e a disseminare per la casa i calzini fetidi della partita di calcetto.

Ma anche voi andate bacchettate! Il fatto di essere madri implica che siete, e sempre resterete, innanzitutto donne. Perché allora tendete a scordarvelo? Non è strettamente necessario che puntualmente facciate il resoconto delle sfumature di verde che avete riscontrato nel pannolino del pupo! Circa un annetto fa scrissi un articolo sull’argomento, volutamente provocatorio e ironico. Dategli un’occhiata, … e riflettete!

  • Perché non deve assorbire completamente i ritmi?

L’entrata di un bambino trasforma una coppia in trio, o quartetto, quintetto … è come una piccola orchestra da camera. Affinché il suono si trasformi in sublime musica tutti gli strumenti devono partecipare e amalgamarsi; in alcuni momenti l’uno prevale sull’altro, ma la sinfonia non prevede che sia solo un assolo. Segui il ritmo degli altri strumenti, e vedrai che loro adatteranno i propri sul tuo. È così che nasce la musica, altrimenti è solo rumore.

  • Perché deve avere una rapida e logica fine?

Torniamo alla favola. Come ho già detto quella scontata frasetta finale, trita e ritrita, è il segreto perché favola sia, e quindi bella e rilassante: “… e tutti vissero felici e contenti!”. Così deve essere. Non si può trascinare la storiella all’infinito! I figli man mano crescono; finisce l’allattamento, le pappe, il cambio pannolini, e poi finiranno anche gli strilli per l’asilo, la scuola, i pomeriggi in attesa che la lezione di danza finisca. Purtroppo questi momenti, spesso vissuti con comprensibile stanchezza, finiscono per diventare una droga, e paradossalmente è più difficile staccarsene di quanto invece non sia il tentare di mantenerli in vita. Vederli crescere è una gioia, vissuta però con una punta di sordo dolore. È difficile non sentirsi più essenziali, capire che ce la fanno con le proprie gambe!  Con un’espressione che a me non piace affatto, si è soliti dire che “bisogna recidere il cordone ombelicale”. Vero!

Il finale della favola lascia aperto lo scenario, la fine è solo apparente. “… e tutti vissero felici e contenti”, quindi permetti che vivano e diano inizio alla loro di favola, consapevole e orgoglioso che anche tu ne sei stato l’artefice!

A fronte di tutto ciò, se avverti che la faccenda si fa gravosa, sommata allo stress e alla concomitanza delle altre inevitabili incombenze della vita, un aiuto più che valido può arrivarti da un breve percorso terapico; si tratta infatti della terapia breve strategica, e attraverso di essa puoi dare il giusto ritmo alla sinfonia e riacquisire gli equilibri. Semplice, veloce, leggero ed efficace, ma se ne vuoi sapere di più, contattami, anche solo per una chiacchierata informale.

… e vissero tutti felici e contenti. Buon vento

 

Federico Piccirilli

Psicologo Psicoterapeuta

Terapia Breve

Terapia a Seduta Singola

 

 

 

 

 

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