Scusa ma non sono pronto

Oggi vi voglio raccontare una storia, è inventata, ma forse tanti di voi si sentiranno protagonisti di questa storia:
Si erano conosciuti in un pomeriggio che non prometteva nulla, eppure — tra uno sguardo timido e una frase detta all’unisono — qualcosa aveva iniziato a muoversi.
Non era amore, non ancora. Ma era presenza. Era quella sottile sensazione di sentirsi visti, di riconoscersi in piccoli gesti quotidiani.
Lei rideva con gli occhi. Lui la osservava come chi guarda un tramonto senza avere fretta.

Uscivano spesso. Non si dicevano tutto, ma il non detto era ricco di attese.
Un messaggio al mattino, una cena improvvisata, quella canzone mandata su WhatsApp alle 23:47 con la scritta “mi ha fatto pensare a te”.
Si stavano scegliendo senza dirlo.

E lei, piano piano, iniziava a sciogliere il nodo nel petto. Quello che le aveva sempre fatto temere di non essere abbastanza. Con lui si sentiva, per la prima volta, leggera.

Poi, un giorno, qualcosa cambiò.

Ti ritrovi in questa storia? Molte persone, che si rivolgono a me, nel mio studio di Monterotondo oppure online, raccontano delle trame simili. Vuoi sapere come continua?


Quando il filo si spezza

Lui diventò più silenzioso. I messaggi arrivavano più tardi. Gli sguardi si facevano sfuggenti, come se il peso di qualcosa non detto gli stesse premendo sul petto.

E infine, davanti a un caffè lasciato a metà, abbassando gli occhi, lui disse: “Sei una persona speciale, davvero. Ma… non sono pronto per una relazione.”

Lei rimase immobile. Il cuore le fece un tonfo, come un libro che cade da uno scaffale troppo alto. Non riusciva a trovare subito le parole. Perché quelle parole, quelle che lui le stava consegnando con gentilezza, erano in realtà un congedo. Una porta che si chiudeva piano, ma si chiudeva.

In quel momento, nella sua mente si accavallarono mille pensieri: “Ho immaginato troppo?”, “Mi sono affezionata da sola?”, “Era tutto nella mia testa?”.

Le sembrava di essere un foglio spiegazzato, gettato via con garbo. Non con cattiveria. Ma con quella freddezza mascherata da maturità che fa ancora più male.

Lui le aveva parlato con onestà. Ma l’onestà, quando arriva dopo settimane di vicinanza, può diventare una lama. Taglia. Fa sanguinare. Lascia cicatrici.

Lui, mentre parlava, era combattuto. Non era insensibile. Le voleva bene, forse anche più di quanto riuscisse ad ammettere. Ma dentro di sé sentiva che mancava qualcosa. Paura? Caos? Un amore precedente non chiuso? Una parte di sé ancora ferma altrove?

Il momento del crollo

Questa non è una storia di colpe. È una storia di tempi diversi. Di due persone che si sono trovate nello stesso capitolo, ma con intenzioni opposte.

Lei voleva costruire. Lui stava ancora cercando i mattoni. E così, si salutarono. Non con odio, ma con quel silenzioso dolore che solo le storie incompiute sanno lasciare. Quelle che avrebbero potuto essere.
Quelle che, forse, proprio perché non sono state, continueranno a vivere un po’ nei ricordi di entrambi.

Ti è piaciuta la storia? Non credo.

Questa frase che, pronunciata con voce gentile, riesce a frantumare un cuore come vetro sottile sotto il peso di una verità che non si vuole ascoltare: “Non sono pronto per una relazione.”

A prima vista, suona come una carezza: sincera, educata, rispettosa, ma dentro chi la riceve, è un’onda anomala che si infrange contro il castello di sabbia delle speranze costruite a mani nude.

Sentirsi dire “non sono pronto per una relazione” è come assistere a una partenza improvvisa. Tu eri lì, con la valigia dell’anima aperta, i sentimenti piegati con cura, i progetti riposti tra le magliette, i sogni sigillati tra le lettere non dette. Poi, all’improvviso, qualcuno ti comunica che non si parte più. Anzi, che il viaggio non è mai esistito per davvero.

Chi la riceve resta sospeso in un limbo. Non è un rifiuto totale, ma neppure un’apertura. È una zona grigia che avvolge tutto: passato, presente, futuro.

In quella zona grigia, il tempo rallenta. Ogni messaggio ignorato diventa una puntura. Ogni ricordo condiviso, una piccola lama che torna a incidere l’anima.

Come si può accettare che l’altro non voglia camminare con noi quando avevamo già immaginato una strada a due?

Gestire l’emozione dell’abbandono

La verità è che questa frase può risvegliare una ferita antica: quella dell’abbandono.
Può evocare il bambino interiore che non si sentiva scelto, visto, accolto.
E ora, da adulto, rivive quella stessa sensazione, amplificata dal desiderio di essere finalmente abbastanza per qualcuno. E allora cosa bisogna fare?

1. Accogli il dolore senza giudicarlo

Non cercare di sminuirlo. Non dirti “è una sciocchezza” o “non dovrei stare così male”.
Il tuo dolore è reale. Va ascoltato come si ascolta un vecchio amico che torna a raccontarti la sua verità.

2. Ricorda: non sei un rifiuto

Il fatto che qualcuno non sia pronto, non significa che tu non meriti amore.
È come voler piantare un seme in una terra non ancora fertile: non è il seme il problema.

3. Evita l’attesa passiva

Non aspettare che l’altro cambi idea.
Aspettare può diventare una forma sottile di auto-abbandono.
Tu sei qui, ora. Meriti una relazione in cui l’altro non solo sia pronto, ma desideri esserci, completamente.

4. Chiediti cosa vuoi davvero

Se tu desideri costruire, amare, condividere, perché accettare un legame a metà?
Amare chi non è pronto può essere come cercare di danzare da soli un tango: potrai anche essere elegante, ma non sarà mai un vero ballo.

La rinascita dopo questa frase

Questa frase, se la guardi da un’altra prospettiva, può essere un dono travestito.
Può salvarti da mesi (o anni) di attese infruttuose, silenzi pesanti, compromessi che ti tolgono ossigeno.

Può essere la fine di un sogno, sì, ma anche l’inizio di un amore più sano, più reciproco, più vivo.

Immagina un campo dopo l’incendio. Tutto sembra distrutto, ma sotto la cenere c’è il seme della rinascita.
Un giorno, senza sapere come, fiorirà qualcosa di nuovo. E questa volta sarà vero.

Se stai leggendo queste parole con le lacrime agli occhi, sappi che sei vista, sei compresa, sei amata.
Non da chi ti ha detto “non sono pronto”, ma dalla parte più profonda di te che sa di meritare di più.

Non smettere di credere nell’amore, ma, soprattutto, non smettere di credere in te.

Perché chi è davvero pronto, arriverà. E non ti farà mai sentire come un’opzione temporanea in un cuore disabitato.

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Buon vento 😉

Federico Piccirilli

Psicologo, Psicoterapeuta

Terapie Brevi

Terapia a Seduta Singola

Ricevo a Monterotondo (RM) e ONLINE