C’è un’urgenza silenziosa che serpeggia tra le nostre strade, tra i notiziari, nei volti dei ragazzi e nei silenzi degli adulti. È il vuoto affettivo. Un vuoto che cresce come crepa invisibile, finché un giorno, in un’esplosione di dolore, non si fa tragedia. È allora che leggiamo un nome. Una donna. Una vita spezzata. Un’altra. Ancora.
Femminicidio. Una parola che lacera il cuore. Una parola che non dovrebbe mai esistere, eppure esiste ed esiste perché non abbiamo insegnato ad amare.
Molte persone che si rivolgono a me, nel mio studio a Monterotondo oppure online, sono genitori e sono davvero molto preoccupati di quello che sta accadendo nella nostra società.
Madri e padri. Ogni sera, prima di dormire, si chiedono in silenzio: “Abbiamo fatto abbastanza?”. Hanno parlato ai loro figli con abbastanza amore? Li hanno protetti a sufficienza? Li hanno resi forti, o – senza volerlo – fragili? E nel buio delle stanze, dove i letti sono ormai vuoti o silenziosi, ascoltano il battito delle loro assenze.
Li vedono crescere in un mondo che troppo spesso insegna a non sentire, un mondo che premia chi è duro, chi vince, chi domina. E allora, con un nodo alla gola che non si scioglie, si domandano: “Chi insegnerà a mio figlio a non avere paura del suo cuore?”
L’amore non si improvvisa
L’amore non è istinto. Non è possesso. Non è impulso. L’amore si impara, si nutre, si coltiva.
Come un giardino, va seminato fin da piccoli. Ma anche chi è adulto può imparare di nuovo a prendersi cura, se glielo si insegna con pazienza, rispetto e verità.
Abbiamo insegnato l’inglese, la matematica, la storia. Ma chi ha insegnato ai nostri figli ad amare? Chi ha insegnato loro a gestire il rifiuto? La rabbia? La gelosia? Chi ha mostrato loro che il corpo dell’altro è sacro? Che l’amore è libertà, non gabbia?

Ogni bambino ha diritto ad apprendere il significato di empatia, di tenerezza, di rispetto.
Ogni adolescente ha bisogno di qualcuno che gli dica che l’amore non urla, non umilia, non ferisce.
Ogni adulto dovrebbe sapere che l’amore non è cura se fa male.
Ma l’educazione affettiva non è solo per i giovani. Quanti adulti conosciamo che non sanno dire “mi dispiace” senza sentirsi deboli? Quante coppie si parlano con freddezza, si giudicano, si logorano nella competizione anziché sostenersi nella comprensione? Quante volte la nostra società confonde l’amore con il potere?
Un cuore che non ha ricevuto amore, non sa donarlo
È questo il nodo più delicato. Chi non ha mai vissuto relazioni affettuose, sane, rispettose, non ha gli strumenti per costruirle. E allora si ama male. Si ama con ansia, con paura, con controllo. Si scambia la dipendenza per intimità, la gelosia per attenzione, la violenza per passione.
Ed è lì che nasce il dramma. Quando un uomo non ha imparato a riconoscere il NO. Quando crede che una donna gli appartenga. Quando pensa che la sua rabbia sia più importante della sua umanità.
Fermiamoci. Guardiamoci negli occhi. Ricominciamo. Sì, possiamo rieducare il cuore.
Possiamo insegnare, e re-imparare, l’arte dell’affetto. Ecco come.
1. Insegnare ai bambini il nome delle emozioni
Un bambino che sa dire “sono triste”, “ho paura”, “sono arrabbiato” è un bambino che non esploderà nel silenzio. È un bambino che sa riconoscere il suo sentire, e potrà poi rispettare quello degli altri.
Parlate con i vostri figli. Chiedete loro: “Come ti senti oggi?”. Ascoltateli davvero.
Non correggete le emozioni. Accoglietele.
2. Educare al consenso
Il corpo è il nostro primo confine. Insegnare a chiedere permesso, rispettare un no, comprendere un limite, è una forma altissima di amore.
Questo vale per i bambini, per gli adolescenti e anche per noi adulti, che spesso dimentichiamo che non tutto ciò che desideriamo ci è dovuto.
3. Parlare dell’amore come scelta e non come bisogno
L’amore non deve colmare un vuoto.
Non è “ti amo perché senza di te non sono nulla”. È “ti amo perché con te cresco, ma sono già intero”.
Le relazioni sane non tolgono l’identità. La potenziano.
Insegniamo ai giovani a stare bene da soli. E poi a scegliere, non a dipendere.

4. Riconoscere la violenza, anche quella invisibile
La violenza non è solo un pugno. È una parola che ferisce. Un controllo costante. Una svalutazione quotidiana. Una gelosia che toglie aria.
Aiutiamo i giovani (e gli adulti) a vedere ciò che fa male anche se non lascia lividi sulla pelle.
5. Rieducare gli uomini alla tenerezza
Siamo cresciuti in una cultura che dice agli uomini di non piangere, di non mostrare fragilità, di non essere “deboli”.
Ma così abbiamo tolto loro la possibilità di essere interi.
Un uomo che sa piangere, che sa abbracciare, che sa chiedere aiuto, è un uomo forte.
È tempo di dire ai nostri figli: “La dolcezza è virile. L’empatia è potere. Il rispetto è forza”.
6. Non smettere mai di parlare d’amore
L’educazione affettiva non si esaurisce con una lezione a scuola. È nei gesti quotidiani. In come parliamo tra noi. In come trattiamo i nostri partner, i nostri amici, i nostri genitori.
È nei modelli che diamo.
Siamo tutti educatori affettivi. Anche se non ce ne accorgiamo.
Un sogno che diventa azione
Vogliamo diventare genitori che parlano d’amore, che insegnano il valore della dolcezza, del rispetto, della cura.
Vogliamo dire ai nostri figli maschi:
“Puoi piangere. Puoi chiedere aiuto. Puoi amare senza controllare”.
E dire alle nostre figlie:
“La tua voce vale. Il tuo corpo è tuo. Non devi mai giustificare il dolore”.
Vogliamo crescere figli e figlie liberi di amare bene, di scegliere, di essere gentili, di non temere il cuore.

Immagina un mondo in cui ogni bambino sa che l’amore è un dono, non un debito. In cui ogni ragazza sa che il rispetto è la base, non l’eccezione. In cui ogni uomo comprende che la forza sta nella cura, non nel dominio. In cui ogni donna può amare senza temere.
Possiamo costruirlo, questo mondo, ma dobbiamo partire ora. Dobbiamo partire da noi.
Con dolcezza, con coraggio. Con il cuore in mano.
Perché l’amore si insegna. L’amore si impara. L’amore ci salva.
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Buon vento 😉
Federico Piccirilli
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapie Brevi
Terapia a Seduta Singola
Ricevo a Monterotondo (RM) e ONLINE