Durante il festival di Sanremo una canzone mi ha particolarmente toccato, non solo per la bellezza della melodia, ma per la meravigliosa tematica di cui è portavoce.
La canzone in questione è “Quando sarai piccola” di Simone Cristicchi, c’è una parte in particolare, che ritengo molto profonda:
“Quando sarai piccola mi insegnerai davvero chi sono, a capire che tuo figlio è diventato un uomo.
Quando ti prenderò in braccio e sembrerai leggera, come una bambina sopra un’altalena.
Preparerò da mangiare per cena, io che so fare il caffè a malapena.
Ti ripeterò il tuo nome mille volte, fino a quando lo ricorderai.
E… è ancora un altro giorno insieme a te, per restituirti tutto, tutto il bene che mi hai dato.
E sconfiggere anche il tempo che per noi non è passato.

Ci sono cose che non puoi cancellare, ci sono abbracci che non devi sprecare. Ci sono sguardi pieni di silenzio che non sai descrivere con le parole. C’è quella rabbia di vederti cambiare e la fatica di doverlo accettare. Ci sono pagine di vita, pezzi di memoria che non so dimenticare.
E… è ancora un altro giorno insieme a te, per restituirti tutta questa vita che mi hai dato e sorridere del tempo e di come ci ha cambiato.
Quando sarai piccola ti stringerò talmente forte che non avrai paura nemmeno della morte .
Tu mi darai la tua mano, io un bacio sulla fronte . Adesso è tardi, fai la brava, buonanotte”.
Quando i genitori “diventano piccoli”: il dolore di un figlio
Nei racconti delle persone che si rivolgono a me, nel mio studio di Monterotondo oppure online, prevale spesso il sentimento di non accettazione per le cose che, purtroppo, a causa del tempo cambiano: figli che crescono e genitori che invecchiano, si ammalano o vengono a mancare.
Sono molte le donne e gli uomini “di mezza età”, che si trovano ad affrontare una sfida difficile: da una parte fare da genitori ai propri figli e dall’altra fare da genitori ai propri genitori.

Veder soffrire un genitore è doloroso per ogni figlio, per il senso di impotenza di fronte all’inevitabile processo dell’invecchiamento e della malattia e, anche, per la rinuncia a quell’idea di accudimento e sostegno di cui ogni figlio ha bisogno, anche se adulto.
Avviene una vera e propria ristrutturazione dei legami familiari. In cui è molto difficile imparare a prendersi cura di chi prima si prendeva cura di noi. Una sfida (molto spesso tutta al femminile) che porta le persone a diventare genitori dei propri genitori, muovendosi come acrobati tra la casa, i figli, il lavoro, i medici e le pratiche burocratiche per l’accesso alle cure.
Come conciliare le esigenze della propria vita con i bisogni dei genitori che invecchiano?
Per la persona anziana non è facile accettare la vecchiaia, soprattutto se nel corso della vita è sempre stato indipendente e d’aiuto per gli altri. Spesso l’anziano evidenzia due tipi di bisogni crescenti: necessità di dipendenza fisica (a seconda delle sue condizioni di salute) e bisogno di conservare un’identità adulta (bisogno di autonomia). Il conflitto tra questi due bisogni segna profondamente il significato delle relazioni tra genitori e figli.
I genitori anziani devono elaborare l’idea di dover dipendere dai loro figli e questi a loro volta devono pensare di farsi carico di genitori sempre meno autonomi. Questo nuovo evento mette alla prova tutto il sistema familiare.
Quando sorge la necessità di prendersi cura dei genitori, d’istinto soprattutto la donna si offre volontaria, ma ad un certo punto ne sente tutto il peso e scatta la voglia di un po’ di libertà per riprendere fiato. Salvo poi dover fare i conti con il senso di colpa per aver pensato ai propri cari come ad un peso troppo grande da sopportare.

L’idea di farsi aiutare da qualcuno “esterno alla famiglia” spesso non viene presa nemmeno in considerazione, perché vissuta come una sorta di “scarico” delle responsabilità e soprattutto perché si è convinti di farcela da soli. Ma accettare un aiuto non vuol dire abbandonare il proprio genitore: un aiuto è una risorsa all’interno della famiglia. Chi non lo accetta è costretto a sacrificare la propria vita, i propri impegni e quelli dei figli, creando così un grande disagio all’interno del nuovo sistema familiare. Potrebbe nascere un accumulo di tensioni che la famiglia non riesce più a sostenere.
Accudire il proprio genitore anziano malato sicuramente rafforza una relazione che lascia più tempo per ritrovarsi, prima di concludersi. Ma questi aspetti positivi possono ampliarsi solo se il carico di cure verso l’anziano che perde autonomia viene condiviso in modo esteso e sostanziale dalla “comunità sociale”, in tutti i suoi aspetti medico, assistenziale, psicologico e sociale. In una “gestione solitaria” di una situazione così complessa, il troppo amore e i troppi sensi di colpa verso chi si ama rischiano diversamente di rimettere in discussione tutti gli equilibri faticosamente costruiti in una vita.
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Federico Piccirilli
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapie Brevi
Terapia a Seduta Singola
Ricevo a Monterotondo (RM) e ONLINE