Le ultime notizie di cronaca hanno fatto riflettere un po’ tutti, ma soprattutto i genitori che si rivolgono a me, nel mio studio a Monterotondo oppure online, hanno parlato, con una certa preoccupazione addosso, della Strage di Paderno, nel milanese.
Riccardo, un diciassettenne come tanti, come i nostri ragazzi, quelli che vediamo in gruppo in strada, quelli che vanno a scuola, quelli come i nostri figli o come i figli dei nostri amici. Un normalissimo ragazzo. Quel bravo ragazzo nel cuore di tutti, quel bravo ragazzo gentile, dal quale nessuno si sarebbe aspettato un triplice omicidio, nella quale il suo fratellino, la madre ed il padre hanno perso la vita.
La preoccupazione dei genitori che si rivolgono a me è unanime: “E se succedesse anche a noi?”. Chi non ha mai discusso con i propri figli? Quanti figli, durante delle discussioni dicono frasi forti oppure mettono in atto dei gesti molto violenti? E proprio questi episodi destano preoccupazione, ma c’è un altro campanello d’allarme, pericoloso quanto l’esternalizzazione della rabbia violenta : il troppo silenzio.
Ragazzi incompresi
“Mi sentivo un corpo estraneo nella mia famiglia. Oppresso. Ho pensato che uccidendoli tutti mi sarei liberato da questo disagio”. Mentre confessava il delitto, il diciassettenne ha detto che da qualche tempo provava un “malessere” che lo ha portato all’assassinio “dopo averci pensato per qualche giorno”.
Ma perché Riccardo ha creduto, come ha detto agli inquirenti, che uccidendo la famiglia si sarebbe liberato del suo malessere? E perché anche il fratello minore? Forse perché la mente umana cerca sempre dei “colpevoli” quando l’animo soffre troppo.
Gli psicologi, ascoltando Riccardo parlano di: “mancanza di rimorso e un vuoto emotivo spaventoso”, per questo sono concordi su una cosa: “È fondamentale che in famiglia venga data voce alle emozioni, anche a quelle più disturbanti che hanno i ragazzi”.
Il distacco, la freddezza, la difficoltà o l’impossibilità dei ragazzi ad esprimere le proprie emozioni e a comprendere quelle degli altri, il rigido autocontrollo, la tendenza all’isolamento e alla chiusura in sé. Alcuni comportamenti bizzarri, che attuano e per i quali, magari, vengono evitati dai coetanei. La mancanza di interesse per i rapporti sociali e per le attività di gruppo come fare shopping, andare ad una partita o ad un concerto. L’evitamento o l’eccessiva ricerca della competizione e del confronto con gli altri rispetto ai quali si sentono o troppo superiori o nettamente inferiori.
Atteggiamenti normali e fisiologici nel turbolento periodo dell’adolescenza, ma che possono sfociare in situazioni di eccessivo disagio e malessere, se non ascoltati ed accolti come meritano. E purtroppo noi viviamo in un contesto in cui “l’empatia non è consentita”, nella nostra società c’è molta teoria e poca pratica sull’empatia.
Cosa possono fare i genitori per sostenere i propri figli nel loro percorso di crescita?
Troppo spesso, l’attenzione delle famiglie si concentra sugli aspetti materiali, trascurando l’importanza di insegnare ai figli a gestire emozioni complesse come rabbia, frustrazione e dolore. Imparare a riconoscere e affrontare questi stati emotivi è essenziale per evitare che il disagio interno si trasformi in comportamenti dannosi. Spesso, il vero pericolo non viene dall’esterno, ma si sviluppa all’interno delle mura domestiche, alimentato da emozioni inespresse e dinamiche relazionali irrisolte.
È fondamentale trasformare situazioni difficili in opportunità di crescita e di dialogo.
Permettere a un adolescente di esprimere ciò che prova non significa necessariamente condividere le sue opinioni, ma riconoscerne la legittimità del pensiero e delle emozioni, indipendentemente da quanto possano essere disturbanti. Ascoltare è sempre meglio che lasciare spazio a gesti impulsivi e violenti dai quali non si può tornare indietro.
In un’epoca in cui i valori sembrano in crisi, è più che mai necessario investire sulla qualità delle relazioni, relazioni che non si limitino a uno scambio superficiale, ma che siano capaci di empatia autentica. L’intelligenza emotiva ci consente non solo di comprendere le nostre emozioni, ma anche di riconoscere e rispecchiare quelle degli altri. Se vogliamo evitare episodi drammatici, dobbiamo porci una domanda tanto semplice quanto cruciale: “Cosa stiamo facendo, come società, per promuovere l’empatia?”
I giovani di oggi osservano il nostro comportamento e lo faranno proprio, costruendo così la società di domani.
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Federico Piccirilli
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapie Brevi
Terapia a Seduta Singola
Ricevo a Monterotondo (RM) e ONLINE