Molte persone, che si rivolgono a me, nel mio studio di Monterotondo oppure online, mi raccontano della dolorosa paura di mettere confini per paura di perdere gli altri.
Forse è capitato o capita anche a te…
Hai paura. Non della rabbia dell’altro, ma della sua assenza. Non del conflitto, ma del silenzio che potrebbe seguirlo. Hai paura che, se osi dire “no”, se tracci quella linea sottile che separa il rispetto dal sopruso, l’altro se ne andrà.
Questa paura ti abita in silenzio, come una nebbia che avvolge ogni tentativo di verità.
Vuoi dire: “Mi fa male.” Vorresti sussurrare: “Per favore, smetti.”
Ma la voce si spezza, il petto si chiude, e nella gola ti si annida quel nodo che conosci fin troppo bene. Ti dici che forse esageri. Che forse non è così grave. Che in fondo, sopportare un po’ non è la fine del mondo.
E allora ingo(i). Ingoi parole, lacrime, umiliazioni gentili. Quelle che non fanno rumore, ma scavano.

Hai imparato a confondere l’amore con la sopportazione. A pensare che essere amati significhi essere utili, disponibili, accomodanti. E quando qualcuno oltrepassa il limite, invece di fermarlo, ti chiedi: “Ho sbagliato io?”
Ma non sei tu il problema. Non sei tu il fragile. Il tuo cuore è solo stanco di essere una terra aperta dove chiunque può camminare senza togliersi le scarpe.
Hai paura che, se ti fai valere, perderai l’altro. E forse è vero. Forse qualcuno si allontanerà davvero.
Ma sai cosa perdi ogni volta che non lo fai? Te stesso.
È una perdita lenta, silenziosa, invisibile. Ti svuoti un po’ alla volta, fino a non riconoscerti più. Fino a restare in relazioni dove sorridi fuori ma sanguini dentro.
La verità è che il confine non allontana chi ti ama davvero. Chi ti ama, vuole vederti integro. Vuole sapere dove finisci tu e dove inizia lui. Chi se ne va quando smetti di piegarti, non ti amava: ti usava. Ti voleva utile, non viva.
Mettere un confine è rischiare di perdere qualcuno, ma è anche ritrovarti. E forse, proprio in quel vuoto che tanto temi, scoprirai una presenza più preziosa: la tua.
Il confine come giardino sacro
C’è un momento, silenzioso come la neve che cade nella notte, in cui l’anima comprende che non può più tollerare il freddo che arriva da certe presenze. Non è una scelta rabbiosa, non è una vendetta. È una fioritura. L’istante in cui scegliamo di custodirci.
Imparare a mettere confini è come disegnare un giardino segreto intorno al proprio cuore.
Un luogo dove ogni fiore cresce solo se nutrito dal rispetto, e dove nessuno può calpestare ciò che è sacro.
Ma mettere confini non è facile. È come costruire una diga con mani tremanti, mentre il fiume delle emozioni – la rabbia, il senso di colpa, la paura – continua a premere.
Spesso restiamo dove ci fanno male, come se il dolore fosse una casa che conosciamo.
Ma la verità è che l’amore non dovrebbe mai pungere, l’affetto non dovrebbe mai consumare.
Chi ci ama, ci lascia fiorire. Non ci svuota.

Dire basta è un atto di coraggio. È come chiudere una porta a vetri: si può ancora vedere dentro, ma non si permette più l’accesso.
Fa male, sì. Perché talvolta le persone che ci feriscono sono anche quelle che abbiamo più amato. E l’amore, quando si spezza, lascia schegge.
Ma la rabbia che sentiamo non è il nostro nemico. È una messaggera.
È l’urlo dell’anima che dice: “Mi merito di più. Non voglio più essere terra per i passi di chi non sa camminare leggero.”
Impara a disegnare confini
E allora, come si fa a proteggersi senza indurirsi? A dire no senza chiudersi?
Come si può danzare tra l’autenticità e la gentilezza, tra la fermezza e la compassione?
1. Respira il confine
Ogni volta che senti che qualcuno ti oltrepassa, fermati. Fisicamente, simbolicamente, emotivamente. Fai un respiro profondo. Immagina una linea dorata intorno al tuo corpo. Non è un muro: è un velo sacro. Solo chi ti rispetta può attraversarlo.
2. Nomina il dolore
Dai voce a ciò che senti. Dai un nome a ciò che ti ferisce. Le emozioni taciute marciscono nel silenzio.
Puoi dire:
– “Mi fa male quando mi interrompi mentre parlo.”
– “Mi sento invisibile quando ignori le mie emozioni.”
Non accusare. Racconta. Le tue parole non sono pietre: sono lanterne.
3. Ritira il potere
Spesso lasciamo che siano gli altri a decidere quanto valiamo. Ma tu non sei un oggetto nelle mani di nessuno. Quando senti che qualcuno ti svaluta, ricordati: non sei lì per essere accettato a ogni costo. Sei lì per esistere interamente.

4. Fai spazio all’assenza
Allontanarsi da chi ci fa male è un male necessario. Ci sarà dolore. Silenzi. Un vuoto che pesa, ma in quel vuoto nascerà qualcosa. Forse una nuova relazione. Forse solo pace. Forse te stesso.
5. Allenati alla gentilezza con te stesso
Ogni volta che ti giudichi per aver “permesso troppo”, abbracciati. Ricorda: stavi solo cercando amore. Il bambino dentro di te credeva che, se fosse stato abbastanza buono, l’altro avrebbe smesso di ferire. Ora sei adulto e puoi proteggere quel bambino. Con forza. Con dolcezza.
6. Sii terra, ma con radici forti
Offri empatia, ma non svuotarti. Ascolta, ma non sacrificarti. Ama, ma senza perdere te stesso.
Il confine come atto d’amore
Mettere un confine non è un atto di separazione: è un atto d’amore. È dire a te stesso: “Mi rispetto troppo per lasciarmi distruggere.” E, a volte, è anche dire all’altro: “Ti voglio bene, ma non a costo della mia pace.”
Quando senti l’ansia salire perché devi dire “no”, metti una mano sul cuore e ripeti: “Sto scegliendo me.”
Ed ogni sera, scrivi tre cose che hai fatto per proteggerti. Anche le più piccole.
Mettere confini non significa diventare soli. Significa circondarsi solo di ciò che nutre. E nel silenzio che segue l’addio a ciò che ferisce, si sentirà una nuova melodia: la tua voce.
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Buon vento 😉
Federico Piccirilli
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapie Brevi
Terapia a Seduta Singola
Ricevo a Monterotondo (RM) e ONLINE